Musica

'Soave sia il vento': chiusura con un riuscito omaggio al castrato Nicolini

'Soave sia il vento': chiusura con un riuscito omaggio al castrato Nicolini

Ultimo appuntamento per il festival: a Palazzo Zevallos Stigliano, Teresa Iervolino affronta gli impervi tratti dell'evirato cantore napoletano.

A Teresa Iervolino è toccato il compito di concludere (in bellezza) il festival Soave sia il vento, che nell’arco di tre mesi ha proposto al pubblico napoletano eventi musicali (e non solo) di grande interesse e originalità. Organizzata dalla Fondazione Pietà de’ Turchini, la rassegna si era aperta il 22 novembre scorso con la prima esecuzione in tempi moderni della “Jole” di Nicola Antonio Porpora, nella quale il giovane e talentuoso contralto aveva interpretato con successo il ruolo di Deianira. Nell’appuntamento di chiusura, ospitato a Palazzo Zevallos Stigliano, la Iervolino si è esibita in un concerto monografico incentrato su un famoso castrato del primo Settecento, Nicola Grimaldi detto Nicolini (1673-1732), che iniziò la sua carriera da soprano ma con il passare del tempo, scurendosi, migrò nel registro contraltile.

Da alcuni anni a questa parte, il recital (e/o il disco) dedicato a un divo operistico del passato è diventato una vera e propria moda, grazie alla quale molti astri canori del Settecento e dell’Ottocento sono rinati a nuova vita per mezzo delle ugole di soprani e sopranisti, contralti e contraltisti contemporanei. Inaugurato con Farinelli, il fenomeno si è poi sviluppato attraverso una lunga teoria di nomi più o meno celebri: da Carestini ad Anna Lucia De Amicis, da Faustina Bordoni a Caffarelli fino a Maria Malibran e Marietta Marcolini. Il prosperare della formula può essere in parte ricondotto alle sollecitazioni di un mercato musicale alla costante ricerca di novità.

Un valore aggiunto rispetto al pregio intrinseco di molte riscoperte è costituito inoltre dalla possibilità di offrire all’ascoltatore la ricostruzione di una vicenda biografica spesso avventurosa e appassionante. Ma al di là delle strategie commerciali e delle fascinazioni romanzesche, il recupero del repertorio di un singolo cantante ha un significato storico-musicale profondo. Nel teatro d’opera, l’interprete, specie se di rango, non è semplicemente un esecutore che traduce in vibrazioni sonore le note fissate sulla carta, ma un vero e proprio co-autore che partecipa attivamente alla creazione dei propri numeri. Il compositore, infatti, ha tutto l’interesse a modellare la partitura sulle specificità vocali (registro, tessitura, figurazioni preferite) e interpretative degli artisti con i quali lavora, in quanto la valorizzazione delle loro capacità garantisce la buona riuscita dello spettacolo.

Ciò significa che accostare un certo numero di brani scritti per il medesimo cantante offre l’opportunità di cogliere i tratti che ne caratterizzavano la personalità artistica. Quale ritratto di Nicolini emerge dunque dalle musiche per lui composte? L’evirato cantore, che svolse una formidabile carriera internazionale e che a Londra tenne a battesimo il ruolo del protagonista principale nel “Rinaldo” di Händel, poteva senz’altro vantare una ragguardevole estensione, una notevole agilità ma, soprattutto, una straordinaria capacità attorica. Tutte queste doti si ritrovano in Teresa Iervolino, che si è fatta apprezzare non soltanto per la tecnica sicura, il controllo dell’emissione e il volume corposo, ma anche per la grande forza drammatica con la quale ha restituito sia le arie già celebri, sia i pezzi appositamente recuperati (scelti con oculata perizia dal musicologo Paologiovanni Maione). Il piglio imperioso di Grimaldi è risultato evidente nell’impervia “Venti, turbini” händeliana, ma anche nell’altrettanto impegnativa “Passaggier che su la sponda” di Porpora. Estremamente interessanti sono parse le arie basate sul netto contrasto tra climi espressivi diversi: “T’amai quant’il mio cor”, ancora di Händel, e la preziosissima “Se penso a Statira” di Domenico Sarro, tutta giocata sull’alternanza tra accessi di sdegno e desolate malinconie.

Alla riuscita del concerto ha contribuito in misura cospicua l’ottima prova dell’ensemble “Talenti vulcanici”, che nasce da un laboratorio per giovani strumentisti voluto dalla Fondazione Pietà de’ Turchini nel 2011 e che ha già al suo attivo numerose e fortunate esibizioni. Sul podio Stefano Demicheli, interprete sensibile del repertorio settecentesco, capace di restituire la vitalità e la varietà di sfumature dei numeri in programma. Numeroso ed attento, il pubblico ha tributato applausi meritatissimi alla cantante e all’orchestra.