Musica

STEVE WINWOOD - MILANO 02/10/2010

STEVE WINWOOD - MILANO  02/10/2010

Reduce dal grandissimo successo ottenuto con la tranche primaverile del tour europeo (Italia esclusa) con Eric Clapton, è approdato anche da noi (il 2 ottobre al Teatro degli Arcimboldi di Milano) Steve Winwood. Certo, l’ atmosfera è più raccolta rispetto alle arene visitate dal duo ma non per questo il pubblico è stato meno entusiasta o meno partecipe, nè Winwood si è risparmiato nel corso della serata.
L’ ossatura del concerto è costituita da brani dell’ ultimo album di studio “ Nine Lives ” del 2008. Forse non tutte le canzoni di quest ' ultimo sono state ben metabolizzate dal pubblico, vista la deviazione verso altre sonorità rispetto all’ usuale rock/blues, ma a ciò ha sopperito la bravura dei musicisti che accompagnano Winwood. Ha spiccato in modo particolare il polistrumentista Paul Booth, unico “sopravvissuto” dalla precedente formazione. Non mancano comunque, e non potrebbe essere altrimenti visto il curriculum del nostro, brani classici dei Blind Faith, dei Traffic, degli Spencer Davis Group oltre a qualche incursione nel proprio repertorio solista.
L’ impressione che si potrebbe trarre è che Winwood abbia fatto almeno una trentina di brani…ed invece no! In due intense ore di concerto, in scaletta compaiono poco più di una decina di brani. La cosa però non ha assolutamente intaccato l’ entusiasmo che ha caratterizzato tutta la serata.
L’ intro strumentale accompagna Winwood all’ organo Hammond (che abbandonerà solo un paio di volte) e dopo una lunga e ritmata versione di Different Light, l’atmosfera si fa ancora più torrida con I’m A Man, glorioso blues di Bo Diddley. Winwood è in ottima forma e la voce, sempre molto calda, spesso ricorda quella del compagno di avventure musicali Clapton.
Terminata I’m A Man, Winwood lascia l’ Hammond al già citato Booth e, imbracciata finalmente la chitarra elettrica, regala Can’t Find My Way Home direttamente dal repertorio Blind Faith, e una tiratissima e strepitosa Dirty City, dall’ ultimo album. Il tempo vola, quasi un’ ora di concerto è già passata. Ci si accorge che le canzoni finora forse non sono state tantissime ma la cosa non preoccupa affatto, visto l’alto tasso di coinvolgimento della serata.
A Dirty City seguono, sempre dall’ ultimo lavoro di studio, Fly e At Times We Do Forget con Winwood ritornato al fidato Hammond.
Light Up Or Leave Me Alone, dal periodo Traffic come le due canzoni che seguiranno, dura una ventina di minuti buoni e dà la possibilità a tutti i membri della band di sfoderare le proprie abilità musicali in assoli coinvolgenti e per nulla fini a sé stessi, così come lascia molta libertà la seguente The Low Spark Of High Heeled Boys. Ma è su Empty Pages che si misura l’ affiatamento tra Winwood e la band: a circa metà canzone saltano i microfoni, solo il suono degli strumenti raggiunge il pubblico. Dopo un primo scambio di sguardi fra il divertito e il disperato, senza interrompere l’ esecuzione, la canzone si trasforma in una cavalcata strumentale. Ovviamente, a fine brano, parte l’ ovazione.
Tutto ritorna alla normalità con Higher Love, periodo solista fine anni ’80, che chiude fra gli applausi il concerto “ ufficiale”, prima dei bis. Il battimani convinto ed entusiasta riporta sul palco Winwood e soci per il primo dei due brani previsti e che non poteva non essere Dear Mr Fantasy. Inutile dire che la canzone scalda ancora di più la platea. La chiusura vera e propria, però, è con una strepitosa ed inaspettata Gimme Some Lovin’ , conosciuta ai più per la versione coverizzata dei Blues Brothers ma che, in questa riuscitissima serata, arriva direttamente da chi ne ha costruito il mito.