Teatro

100 capolavori dallo Städel museum di Francoforte

100 capolavori dallo Städel museum di Francoforte

Lo Städel museum di Francoforte è parzialmente chiuso fino a novembre per lavori di ampliamento che debbono dare maggiore spazio alle collezioni permanenti; grazie ai lavori in corso è arrivata al Palazzo delle Esposizioni di Roma una notevole parte di quelle collezioni, a partire dal “Ritratto di Goethe” che Johann Heinrich Wilhelm Tischbein dipinse a Roma nell'inverno del 1786, raffigurando il caro amico scrittore che riposa pensieroso nella campagna romana seduto sopra un obelisco caduto a terra, un dipinto divenuto simbolo del Grand Tour, il “Viaggio in Italia” che, edito nel 1817, diverrà un classico della letteratura da viaggio e di un certo modo di guardare l'Italia con occhi consapevoli e appassionati.
Lo Städel museum di Francoforte è stato fondato nel 1815 dal mercante e banchiere Johann Friedrich Städel (1728-1816) ed è una delle collezioni europee più ricche e prestigiose, cresciuta dal nucleo iniziale includendo opere dal medioevo alla contemporaneità.
La scelta dei curatori è caduta su una parte di quelle collezioni; infatti la mostra è articolata in sette sezioni cronologiche che si occupano di differenti movimenti, dai primi dell'Ottocento ai primi del Novecento. Si inizia con “Classicismo e romanticismo”, dominata dai Nazareni, pittori tedeschi romantici che, a partire dal 1809, in opposizione alla formazione accademica tradizionale, partirono per Roma alla ricerca di modelli tratti dalla natura e dalle fonti antiche. Il percorso inizia con il citato ritratto di Goethe e prosegue con un Friedrich, artista imprescindibile in ogni percorso romantico con le sue “Montagne nella nebbia”, senza tralasciare l'intenso ritratto di donna romana di Anselm Feuerbach
Al realismo, con la sua pittura en plein air, segue ovviamente l'Impressionismo, una vera rivoluzione. Corot, Courbet e Daubigny costituiscono la premessa essenziale  per Monet, Renoir Sisley, Degas, Rodin, fino a Van Gogh, che di “impressione” ebbe una visione completamente personale (anche se la “Casa di campagna presso Nuenen” non è di primaria importanza nel suo percorso artistico).
A seguire il “Simbolismo”, forse la sezione più stupefacente. All'uomo di fine Ottocento, minato dalle teorie di Schopenauer e Bergsonn non bastano più le immagini della natura, i ritratti quasi fotografici sereni e silenziosi: si avverte la necessità di spostare la ricerca oltre il visibile, alla ricerca dell'ignoto, del non-visibile, del simbolo che possa esprimere tutto questo. Ecco dunque Böcklin (la sua “Villa sul mare” richiama l'aldilà), Bonnard, Denis (una “Prima colazione” quasi fauves), Ensor (e le onnipresenti maschere), Khnopff, Klinger (la “donna sul tetto di Roma” che pare sospesa tra due mondi), Maillot, Moreau (una “Pietà” che rimanda ai ritratti di Salomè), Munch, Redon (le sue pulsioni religiose con “Cristo e la Samaritana”), Von Stuck (una severa, rigida “Pietà”), Rousseau, Sérusier, Vallotton e Vuillard
A completare il percorso, nelle precedenti sezioni ci sono anche pittori tedeschi meno conosciuti in Italia ma non per questo meno interessanti. Nell'espressionismo e fino alle avanguardie, invece, i tedeschi sono decisamente protagonisti, non solo quelli di Die Brücke: Franz Marc (il cane giallo accucciato e addormentato fra la neve), il Matisse blu elettrico di “Fiori e ceramica”, le forme primarie della ragazza nuda di August Macke seguita dai giocattoli coi colori accesi del “piccolo Walter”, il segno spigoloso di Kirchner, Emil Nolde quasi simbolista, i colori personalissimi di Schmidt-Rottluff, l'inquietante ritratto di famiglia di Otto Dix, la scultura “L'orante” di Schmidt-Rottluff che rimanda agli idoli arcaici, il ritratto cubista di Fernande Olivier di Picasso, le linee quasi astratte di Von Jawlensky e di Paul Klee, il surrealismo di Max Ernst.
Una intera sezione è riservata a Max Beckmann (1884-1950), a cui nel 1930 il Museo dedicò una galleria come maggiore esponente della pittura tedesca contemporanea (fino alla condanna di Hitler e al bando dalla Germania nazista che gli impose il trasferimento negli Stati Uniti). Colpisce lo sguardo mite e la pennellata dell'autoritratto del 1905, lo strano mondo di “Sinagoga a Francoforte”, l'inquietante “Doppio ritratto”, il senso coloristico delle opere dopo il trasferimento negli Usa.
Il catalogo Giunti comincia con una introduzione di Felix Kramer; le opere in mostra sono divise in cinque sezioni tematiche-contenutistiche e riprodotte con immagini e schede.

Roma, Palazzo delle Esposizioni, fino al 17 luglio 2011, aperto da martedì a domenica dalle 10 alle 20, venerdì e sabato chiusura posticipata alle 22,30 (lunedì chiuso), ingresso euro 12,50, catalogo Giunti, infoline 06.39967500, sito internet www.palazzoesposizioni.it