Aveva 66 anni. Il suo volto e la sua voce sono indissolubilmente legati a ‘Novecento’ di Alessandro Baricco, che ha portato in scena per oltre 20 anni sui palcoscenici italiani ed europei.
Se n’è andato ieri sera, all'età di 66 anni, Eugenio Allegri. Lo hanno annunciato la moglie Susanna e i fratelli dell’artista.
Nato a Collegno (TO) e diplomato nel 1979 alla Scuola Galante Garrone di Bologna, Eugenio Allegri è stato attore e regista di talento: ha lavorato, fra gli altri, con Leo De Berardinis, Dario Fo, Gabriele Vacis, Vittorio Franceschi e Leo Muscato.
Influenzato da Lecoq, nel corso della sua carriera è stato riconosciuto come cultore e maestro della Commedia dell’Arte, che ha saputo tramandare sapientemente alle nuove generazioni, attraverso laboratori, seminari e la costante presenza tra i docenti della Scuola per Attori del Teatro Stabile di Torino.
GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA
Il suo volto e la sua voce sono indissolubilmente legati a Novecento, di Alessandro Baricco, che ha portato in scena per oltre vent’anni sui palcoscenici italiani ed europei.
Il cordoglio del Teatro Stabile di Torino
Nel 2009 aveva riaperto il Teatro Carignano appena restaurato come protagonista dello Zio Vanja di Anton Čechov, diretto da Gabriele Vacis, che nel 2012 lo scelse anche per Rusteghi, di Goldoni.
Nel 2016 aveva accettato la sfida di Dario Fo di dirigere il giovane Matthias Martelli in una nuova versione di Mistero Buffo, prodotta dal Teatro Stabile di Torino, e nel 2017 era tra gli interpreti principali dell’adattamento teatrale de Il nome della rosa di Umberto Eco, diretto da Leo Muscato.
“Con Eugenio Allegri scompare uno degli artisti più rappresentativi della nostra Torino e della scena teatrale italiana: un talento straordinario, professionista appassionato, uomo mite e garbato”, dichiarano il Presidente Lamberto Vallarino Gancia e il Direttore Filippo Fonsatti.
Nei prossimi giorni presso il Teatro Carignano verrà allestita la camera ardente per l’ultimo saluto.
Il ricordo di Valerio Binasco
“Eugenio Allegri è stato un attore poeta. Emanava un fascino speciale, unico, perché era capace di esercitare la forza di seduzione della recitazione senza adoperare mai la forza. Adoperava solo la dolcezza, perfino quando gli capitava di interpretare ‘i cattivi’. Quando lo vedevi in scena ti ritrovavi dinnanzi a un artista che immediatamente percepivi come un potenziale ‘protagonista’, ma insieme lo percepivi anche come se si fosse smarrito, come se la sua timidezza lo avesse portato al centro della scena per caso. Era chapliniano, Eugenio, ma c’era qualcosa in lui anche di Gogol. E questo gli donava una qualità molto rara in un attore: la grazia. Dire che era dotato di grazia, per me è il più grande complimento che si possa fare ad un attore".
"Amava far ridere, amava i clown e la commedia dell’arte, della quale era un vero esperto e maestro. Era un attore straordinario che sapeva tenere insieme il carisma dei grandi personaggi, con la tenerezza del ‘suo’ personaggio. Grazie Eugenio per tutto quel che ci hai insegnato e che hai fatto, attore poeta dai guizzi comici e malinconici, istrione dagli occhi smarriti, amico di passeggiate per Torino a passi svelti nel freddo del dopoteatro d’inverno, nei nostri cappotti gogoliani”.