Morto all'età di 96 anni. Scenografo, politico controcorrente, omosessuale dichiarato, uomo di fede incrollabile, regista teatrale e cinematografico spesso in contrasto con pubblico e critica: questo è stato Franco Zeffirelli.
Attraverso l’arte di Franco Zeffirelli, scomparso a 96 anni, è possibile ricostruire la parte migliore, più creativa e colta, dell'Italia del secolo scorso. Una vita fatta di incontri fondamentali (Luchino Visconti, Anna Magnani, Maria Callas), di arditi allestimenti lirici e teatrali, e di una carriera cinematografica altalenante.
Gli inizi
Se infatti ormai sono Storia gli allestimenti di Zeffirelli per la Traviata, con una sconvolgente Maria Callas, e per Lucia di Lammermoor, con Joan Sutherland, non è altrettanto esente da pecche la filmografia del regista toscano. Dopo un’ apparizione come attore ne L’Onorevole Angelina, dove ha modo di conoscere e apprezzare Anna Magnani, che in seguito dirigerà a teatro ne “La Lupa”, Franco Zeffirelli si avvicina al cinema dapprima come scenografo e poi come aiuto regista di Luchino Visconti (La Terra Trema – 1948 e Senso – 1954). L’esordio dietro la macchina da presa avviene pochi anni dopo con Camping (1958), commedia sentimentale che poco segno lasciò già all’epoca, seguìto da Per Firenze, documentario sull’alluvione del 1966. Ma è ovviamente con le riduzioni cinematografiche delle opere di Shakespeare che il Maestro riesce a dare il meglio.
Shakespeare per il grande pubblico
Con La Bisbetica Domata (1967) e Romeo e Giulietta (1968), Franco Zeffirelli inaugura quello che si potrebbe definire il suo periodo d’oro: premiato dal pubblico e riconosciuto dalla critica, il regista ha modo di far conoscere la propria visione artistica, sempre in bilico fra rigore ed esuberanze fin troppo creative. Il successo continua ad arridergli anche con i successivi Fratello Sole, Sorella Luna (sebbene rivisto oggi risulti piuttosto manieristico) e, soprattutto, con il televisivo Gesù di Nazareth (1977), dove umanità e spiritualità tracciano un ritratto di Cristo particolarmente toccante. Non dello stesso valore, nonostante la navigata esperienza in materia di allestimenti sui palchi di tutto il mondo, possono però definirsi le versioni cinematografiche de La Traviata, I Pagliacci, La Cavalleria Rusticana e Otello.
Vissi d’arte…
Gli anni’90 del regista Zeffirelli, seppur produttivi, non riescono a mantenere il livello della passata produzione: di fronte a un dignitoso Amleto con Mel Gibson (niente a che vedere comunque con il filologico Hamlet di Kenneth Branagh), i successivi Storia di una Capinera (dalla novella di Giovanni Verga), Jane Eyre (da Charlotte Bronte), il semi biografico Un Tè con Mussolini e Callas Forever evidenziano un modo di fare cinema forse troppo oleografico e autoreferenziale. Caratteristiche di cui Zeffirelli fu comunque fieramente cosciente fino alla fine.
Penso che il passato non torna. Ma non mi intristisco perché ho avuto una vita piena, nonostante sia partita in salita”
- Franco Zeffirelli -