Teatro

Addio ad Antonio Tarantino, autore ironico e ribelle

Antonio Tarantino
Antonio Tarantino

Si è spento a Torino, colpito da Coronavirus, l'artista, autore e drammaturgo Antonio Tarantino: aveva 82 anni. 

È un giorno profondamente triste per il mondo del teatro e della cultura: si è spento oggi Antonio Tarantino, autore e drammaturgo torinese di 82 anni. Tarantino era caduto tempo fa in casa; ricoverato in ospedale, è morto nell'isolamento forzato per l'emergenza sanitaria, quello stesso isolamento in cui aveva vissuto.

Punto di riferimento per il teatro italiano contemporaneo, amato dalle nuove generazioni, Antonio era uno scrittore singolare, con un percorso artistico irregolare: arrivò al teatro in età matura, nel ’93.
Autore graffiante e disincantato, profondamente ironico, personaggio schivo e solitario, è stato la voce disperata, tenace e vitale degli ultimi, degli sconfitti: viveva da anni grazie al sussidio previsto dalla legge Bacchelli. 

Antonio Tarantino

"La scrittura è un parlare di te"

Antonio Tarantino, classe 1938, originario di Bolzano ma torinese d'adozione, è considerato un “alfiere fuori controllo di una nuova drammaturgia”. Non ha compiuto studi regolari e da autodidatta si è applicato al disegno e alla pittura: muove i primi passi nell'ambito delle arti figurative, si dedica alla pittura per vent'anni, partecipando a mostre collettive e personali a Torino, città dove viveva, e a Roma.

Nei primi anni Novanta, superata la soglia dei cinquant'anni, interrompe la carriera di artista figurativo e comincia a scrivere testi teatrali: nel 1993 fa il suo esordio nella scena teatrale italiana conquistando, per verdetto unanime della giuria, il Premio Riccione; i lavori premiati sono due, il suo testo-capolavoro Stabat Mater e Passione secondo Giovanni - in commissione c'erano personalità come Luca Ronconi, Maria Grazia Gregori e il critico Franco Quadri. Decisivo, in questo periodo, l'incontro con il critico ed editore Franco Quadri, che con lungimiranza si interessa al suo lavoro e ne riconosce il profondo valore: Tarantino in breve tempo diventa un autore conosciuto e apprezzato.

Nel 1994 il suo controverso monologo Stabat Mater viene interpretato da Piera Degli Esposti ed è subito seguito sulle scene italiane dai testi Vespro della Beata Vergine del 1994 e Lustrini, datato 1996, che insieme alle prime due pièce d’esordio compongono i Quattro atti profani “Tetralogia della Cura” d’ispirazione classico-religiosa , tragica e grottesca – tutte messe in scena dal regista franco-tunisino Chérif nel corso degli anni Novanta e nel 2009 da Valter Malosti per lo Stabile di Torino.

"Quattro atti profani" di Antonio Tarantino (2009) 


Tarantino affermava: “La scrittura per il teatro non è un esercizio di scrittura ed è per questo che i critici letterari non la tengono in considerazione. Piuttosto, è un parlare dentro di te, delle voci che poi traduci in scrittura. In questo senso è qualcosa di più e contemporaneamente qualcosa di meno della scrittura. E, una volta in scena, la scrittura drammaturgica ti restituisce molto di te stesso”.

Il Premio di Produzione per la vittoria del 44° Premio Riccione nel 1997 consente la realizzazione scenica di Materiali per una tragedia tedesca, un grande affresco sarcastico ed efferato sulla Germania degli anni di piombo presentato in prima assoluta nel 2000 al Piccolo Teatro di Milano e vincitore del Premio Ubu nello stesso anno. Riflettono sul terrorismo e il conflitto arabo-israeliano le pièce La pace e La casa di Ramallah (entrambe del 2002) che, insieme a Stranieri (2009), evidenziano la stretta correlazione tra sfera privata e Storia condivisa. 

Seguendo la sua vocazione politica e civile, l’autore torinese dedica due testi alla figura di Antonio Gramsci: Nel mondo grande e terribile (2008) e Gramsci a Turi (2009); negli ultimi anni si confronta con i classici, con la rivisitazione di Medea (2011) e i monologhi Cara Medea e Piccola Antigone (2012), in cui immerge il mito nella storia recente, nelle periferie di città degradate.

"Stranieri" di Antonio Tarantino (2019)


Nel 2012  va in scena al Teatro Franco Parenti di Milano Esequie solenni con la regia di Andrée Ruth Shammah, nel 2013 invece riceve dal Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto la commissione di un libretto per una breve opera lirica e scrive Doglie (Non è che un piccolo problema) con la regia di Sandra De Falco. Nel 2019 è protagonista del documentario Noi, Antonio, scritto e diretto dal regista bresciano Paolo Perlotti e interpretato da Valter Malosti, Maria Paiato, Marco Martinelli e Giuseppe Marini. 

La poetica di Tarantino

Militante politico, pittore, drammaturgo e infine attore, tradotto all'estero e molto amato dalla nuova generazione di autori e drammaturghi, Tarantino è un artista enigmatico, figura sfuggente e poliedrica, capace di imprevedibili metamorfosi artistiche.

La sua opera ha scardinato le strutture della tradizione, mentre la sua lingua ha rappresentato una sfida per almeno due generazioni di teatranti italiani. Accolto inizialmente come figlio perduto di Pasolini e Testori, il drammaturgo torinese si è ben presto rivelato custode di un universo teatrale inedito e misterioso, popolato da fantasmi metropolitani perduti nel buio tra macerie ideologiche e religiose.

Antonio Tarantino


La sua è una scrittura indomabile e vorticosa, che evidenzia le oscure suggestioni di un immaginario in cui il mito e il sacro, l'ideologia e la sofferenza terrena si confondono nel magma della Storia. Tarantino ha raccontato le sue storie surreali e drammatiche, ispirate al mito e incentrate sulla religione e sulla politica, usando una lingua raffinata, ma con contaminazioni dialettali e gergali.

I suoi lavori sono spesso "atti corali che deformano il linguaggio per demistificare la realtà scavando nelle pieghe della Storia". La sua tecnica espressiva ricorre alla brevità per economizzare parole ed intensificare i significati. Nei testi di Antonio Tarantino si respira una forza narrativa e poetica che non hanno eguali, una capacità di leggere presente e storia recente con una prospettiva inusitata, con un'ironia e una comicità spiazzanti.

Durante un’intervista affermò: "Del teatro non mi importava proprio niente, l’esigenza di farlo è sorta alla fine della mia stagione pittorica, quando ho cercato un'altra strada che potesse giustificare la mia esistenza".