Al Festival più famoso di Francia la rara opera di Chaikovskij in un emozionante allestimento di Peter Sellars, abbinato a un lavoro di Stravinskij: spettacolo da non perdere.
Aix-en-Provence, Grand Théatre de Provence,”Iolanta” di Peter Chaikovskij e “Perséphone” di Igor Stravinski
Il trionfo della luce sulle ombre
Iolanta, l’ultima opera lirica di Chaikovskij, è piuttosto atipica, in quanto, oltre a non essere basata su di un soggetto russo e risentire di influenze francesi nella scrittura musicale, è una favola a lieto fine insolita, considerato il tormentato carattere del compositore. L’opera fu composta parallelamente allo “Schiaccianoci”, ma, diversamente dal balletto, non ottenne particolare successo e solo di recente viene proposta nei cartelloni internazionali. Parte della sua nuova notorietà è dovuta a dive che ne hanno fatto un cavallo di battaglia, come Anna Netrebko. La vicenda, ispirata al dramma “la Fille du roi René” del danese Henryk Hertz, narra della cieca Iolanta che, per volere del padre, vive isolata in un giardino edenico, ignara della propria cecità e della propria condizione principesca. Un cavaliere infrangerà il divieto e risveglierà in lei, oltre all’amore, l’ardente desiderio di vedere, condizione necessaria per acquisire la vista. L’opera è immersa in un’atmosfera poetica e sfumata, l’azione è limitata e tutto avviene a livello psicologico: un teatro interiore e astorico che si sviluppa nella dicotomia ombra/luce.
Al festival di Aix-en-Provence Iolanta è in scena abbinata alla rara Perséphone di Igor Stravinski, in un percorso ideale dall’ombra alla luce ideato nel 2012 per il Teatro Real di Madrid da Peter Sellars e Theodor Currentzis. L’impianto scenico di Georg Tsypin è unico per entrambe le opere e vede una scena fissa e vuota costituita da quattro intelaiature squadrate sormontate da steli asimmetriche e petrose che inseriscono la rappresentazione in una prospettiva mitologica e atemporale. Il porticato evoca interno ed esterno, il palazzo e il giardino proibito, ma sono soprattutto le luci, davvero incredibili, di James F. Ingalls a creare un’atmosfera di sensibilità rarefatta che è un tutt’uno con drammaturgia e musica. Il gioco di chiaroscuri illumina i volti delle amiche scolpendone il dolore per le sorti della cieca Iolanta, isolata in una zona d’ombra sensibile che ne esalta delicatezza e fragilità. Proiezioni sfuocate e cangianti, spesso virate nei toni del blu,viola e seppia, creano sullo sfondo un regno dell’ombra (che non a caso istituisce un sistema di corrispondenze col mondo degli inferi di Perséphone) e rendono palpabile allo spettatore la percezione della luce e/o della sua assenza. Sullo schermo le sagome e (soprattutto) le mani dei protagonisti si dilatano in spettri evanescenti, acquisiscono i contorni sfumati di ala d’angelo o colomba dando alla favola una connotazione sacra. Da notare che la presente edizione, per scelta di regista e direttore, inserisce un lungo coro liturgico ortodosso, possente e angelicato, che conferisce all’opera un’inedita chiave mistica. Si apprezza la delicatezza discreta con cui Peter Sellars dà vita ai personaggi e al loro mondo interiore con un rispetto “insolito” per il regista, enfant terrible che qui preferisce annullarsi e restare nell’ombra. Il lavoro sulla recitazione è immenso e ogni inflessione, gesto, movimento (bellissimo il delicato fremere delle mani per afferrare la luce nell’aria) genera nello spettatore una rara empatia e si esce dalla sala in preda alla commozione e verrebbe voglia di piangere lacrime di bellezza.
Affascinante e originalissima la direzione di Theodor Currentzis: sfumata, visionaria, rovente, pervasa da una melanconia inquieta; al confronto le altre Iolante ascoltate in precedenza, se pur affidate a bacchette autorevoli, ci appaiono riduttive e banali. Con una lettura decisamente antisentimentale (e ci piace proprio per questo) Currentzis svela il potenziale drammatico di un’opera ritenuta preraffaellita ed evanescente e certe pagine acquistano un’inedita forza: come quando Vaudemont spiega a Iolanta con una foga ai limiti della violenza che cosa sia la luce. Inoltre gli stacchi e le pause hanno forte valenza teatrale, come del resto il suono dell’orchestra (davvero ottima) dell’Opéra National de Lyon, sfumato e compatto al tempo stesso.
La produzione si è avvalsa di una compagnia di canto dotata di grande sensibilità interpretativa. La Iolanta commovente e ultrasensibile di Ekaterina Scherbachenko ha voce pura ed evanescente, dai toni sommessi e delicati che ricordano il misterioso personaggio di Debussy; le arcate dell’arioso potrebbero volere maggiore ampiezza, ma nel contesto è perfetta e la sua interpretazione sfiora l’ideale. Molto credibile il Vaudemont innamorato ed impetuoso di Arnold Rutkowski dalla voce tenorile lirica e possente. Dmitry Ulianov è il padre Renè, un basso tipicamente russo dalla voce robusta e consistente. Willard White ha interpretato il medico arabo Ibn–Hakia col magnetismo che gli è proprio. Non troppo caratterizzato il Robert di Maxim Aniskin. Molto curati i ruoli femminili secondari, in particolare la Martha di Diana Montagur che ha contribuito a rendere toccante il duetto iniziale con Iolanta. Dai movimenti simmetrici e delicati le due amiche: Maria Bochmanova (Brigitta) e Karina Demurova (Laura). Concludono adeguatamente il cast Vasily Efimov (Almèric) e Pavel Kudinov (Bertrand).
Se pur giustificata da corrispondenze tematiche e inserita in un ciclo triennale dedicato a Stravinski dal Festival, la rappresentazione di Perséphone ha inevitabilmente ridimensionato l’ondata di emozione e magia che si era riversata sul pubblico con Iolanta.
Il lavoro di Stravinski, basato su di un poema di André Gide, è una sorta di pantomima danzata per voce recitante femminile, tenore e coro priva di portata drammatica e la sua natura oratoriale lo rende a nostro avviso più godibile in un contesto concertante che non scenico. Per illustrare le tre sequenze del mistero (il rapimento, gli Inferi, la rinascita) quattro danzatori cambogiani della compagnia Amrita Performing Arts doppiano con movenze armoniose e delicate personaggi e situazioni; i movimenti tesi, arcuati e rarefatti dei danzatori vestiti nei colori primari sono accompagnati dal continuo variare delle luci sullo sfondo in una giusta dialettica luce/ombra e il finale si tinge (in modo fin troppo simmetrico) degli stessi toni gialli luminosi con cui si era chiusa Iolanta. Lo spettacolo è musicalmente e coreograficamente ineccepibile e si apprezza l’impegno del coro dell’Opera di Lyon (preparato da Bohdan Shved) a cui viene richiesto una gestualità ieratica e un movimento delle mani di millimetrica precisione, ma risulta ripetitivo con inevitabili cali di attenzione.
Ci è piaciuto l’Eumolpe sensibile e scolpito del tenore americano Paul Groves; qualche perplessità invece sulla Perséphone di Dominique Blanc (pluripremiata attrice di cinema e teatro molto apprezzata oltralpe) a cui non ha giovato un’amplificazione che ha reso il declamato innaturale e artificioso, agli antipodi della naturalezza di Iolanta.
Straordinario successo e standing ovation finale rivolta soprattutto al duo di eccezione Sellars- Currentzis. Da non perdere!
Visto a Aix- en-Provence il 5 luglio 2015