Teatro

Al Teatro Gassman: Una specie di Alaska

Al Teatro Gassman: Una specie di Alaska

Le pietre hanno vita lunga a meno che una guerra di uomini o un cataclisma non le sgretoli, ma anche nei cocci la storia si conserva: ultimo diario, duro a morire. In ogni civiltà sono dunque le pietre le ultime a raccontarci la storia.

Alcuni luoghi nascono per la funzione che devono avere: abitativa o rappresentativa,  ma alla fine tutti diventano testimonianza. La Liguria saggia e intima, ha da sempre inteso questo segreto.
I liguri tengono alle case, ai luoghi come memoria. . E’ un fatto di cultura.

Il teatro ha espressione volatile e  storia nomade. Dopo tanti anni di rappresentazioni all’aperto, in piazzetta, alle cave, le parole a Borgio Verezzi avevano esigenza di una casa. Era doveroso offrire agli abitanti del luogo un posto in cui incontrare cultura ed espressione dei popoli, confronto. Gli stessi abitanti che in origine avevano guardato perplessi nascere il Festival lassù a Verezzi, pensando che i soldi forse andavano spesi solo per cose pratiche, guardarono con stupore nascere il Teatro Gassman a valle, solido, in pietre e colori delle rocce del posto. E si resero conto che è stata   “ cosa pratica “ rendere noto il nome di un paese nel mondo. E fu proprio il Teatro, quel Festival a dare forza. Offrire dunque un tetto alle voci che hanno reso noto, come un richiamo, il nome di un piccolo paese come Borgio Verezzi, fu 15 anni fa simbolo di dovuta riconoscenza.

Ogni poltrona porta il nome di un attore che passò con la sua voce e i suoi gesti in quel luogo che tra i primi in Italia ospitò il Teatro in un Festival, per ricordarli tutti, omaggiarli, ma il senso metaforico è più complesso. Gli attori si guardano. Sono invitati a diventare “ gente “ senza perdere il proprio carisma. Sono invitati a guardare i nuovi che arrivano, senza venire dimenticati. Sono invitati a cedere il posto allo spettatore comune. Lo spettatore diventa un po’ attore, viene accolto dalle braccia di una poltrona dal nome famoso e ricorda. Gli conferisce eternità, tra palco e platea un patto di continuità. Un’omologazione dura sta unificando luoghi e persone, prima fu conquista semplice di terra, poi d’aria, adesso di gesti e di gusti.

Solo la memoria può salvarci dall’essere senza identità. A questo mirava il Teatro Vittorio Gassman ( unico in Italia a portare il nome di uno dei più grandi protagonisti del Teatro e del Cinema) pronto in ogni particolare per accogliere e proteggere una crescita culturale e spirituale il giorno della sua inaugurazione il 26 marzo 2001 con il taglio del nastro da parte dell’ideatore del famoso Festival di Borgio Verezzi assieme a tutta la famiglia Gassman convenuta. Oggi il Gassman continua la sua storia di cultura con una forza nuova, volta a rendere il Teatro un veicolo di sentimenti, allenatore dei movimenti dell’anima.

Una bambina che è stata spettatrice dei più grandi interpreti del teatro dagli anni settanta ad oggi adesso è una donna mossa da una grande passione, una solida cultura e una rara capacità educatrice che ha saputo coniugare l’insegnamento scolastico alla stupenda arte di trasporre in azioni e parole teatrali la forza dei giovani, dei bambini, degli adolescenti, degli adulti. Marcella Rembado ha formato un gruppo di lavoro in cui da anni ferve, grazie a lei, la passione di fare teatro. Ha chiamato questo gruppo Il Barone Rampante e ha messo in scena numerosi spettacoli con ragazzi e bambini partecipi al teatro tutto l’anno come gioco e come disciplina, trasferendo in loro il rigore della logica e dello studio, la capacità di fare un gioco di squadra con il grande privilegio del supporto di una continua fantasia.

Questo suo lavoro è stato premiato, cosa rara, per merito. Per la capacità di coinvolgere bambini e adulti in un progetto che rende Borgio Verezzi una sorta di Capitale del Teatro e dà al teatro un “capitale” fuori dalle logiche comode delle convenienze commerciali.
Oggi Marcella è la Direttrice Artistica voluta, scelta a giusta ragione del Teatro Gassman di Borgio Verezzi. Durante l’inaugurazione avvenuta il 29 marzo ha dato a un foltissimo pubblico accenni di quella che sarà la Stagione Teatrale che avrà ufficialmente inizio con un ricco cartellone a ottobre.
Ma come primo spettacolo a fornire il segno di quello che sarà uno scrupoloso lavoro di scelta di testi e compagnie giovani, di espressioni nuove, di nuovi drammaturghi il 26 aprile in scena al Gassman: Una specie di Alaska, di Pinter.
È questo uno spettacolo molto applaudito, che porta un messaggio intenso ispecie in un momento di crisi: si può uscire dal coma.

La cultura è in coma, stordita e abbattuta da interessi commerciali. Urge un risveglio che riporti la coscienza del sentimento, l’onestà del fare.
A Borgio le parole serviranno a ritrovare e risvegliare, per ogni spettacolo rappresentato, l’anima e il sentire che si sono rifugiati dalla pioggia di affrettati successi di apparenza, di nomi noti in quanto televisivi o di cassetta.

Qui, in questa noce di paese, c’è la forza della rinascita.
Ci sono i presupposti artistici e morali per fare un lavoro diverso in cui il teatro sia un mezzo non solo di spettacolo da guardare, ma di linguaggio vivo che porterà messaggi sui temi contemporanei, sugli alfabeti della poetica e della fantasia da recuperare.

I titoli verranno dopo, ma quello che fa di questo Teatro un laboratorio di fantasia e di valori recuperati, sia per chi sta sul palco che per gli spettatori, è il progetto d’insieme voluto come una promessa ed una scommessa che dice: il teatro è vivo, il teatro sta bene, ma soprattutto è un veicolo straordinario per la crescita del pensiero, della fantasia e del valore reale della cultura il nostro capitale che ci fa crescere insieme dal palco alla platea in un unico respiro.

Così Una specie di Alaska, con l'intelligente regia di Valerio Binasco, arriva come segno totale di risveglio con magistrale scrittura del tempo, dentro il bozzolo “dell’assurdo” di un drammaturgo che ci coinvolge nel quotidiano, nelle difficoltà della comunicazione, un risveglio anelato dalle voci e dai gesti di bravi giovani attori, in scena la professionalità e sensibilità di Sara Bertelà, Orietta Notari e Alessandro Accinni, che in un’epoca così difficile lottano per porgere il respiro di un senso più alto e profondo del vivere.