Cinque direttori artistici per un teatro: è lo strano caso del "Verdi" di San Severo, ambito contenitore culturale che rischia di perdere pregio e qualità per scelte più politiche che artistiche.
Give me five! Per chi mastica poco o niente l'idioma a stelle e strisce made in USA, il "dammi il cinque" è un gesto che si compie tra due o più persone per congratularsi ed esprimere apprezzamento per qualcosa di positivo, per dire "bravo". Il "cinque", numero speciale per popoli come quello dei Babilonesi, dei Romani e dei Maya, recentemente ha acquisito importanza anche per il "popolo sanseverese". Perché? Un breve passo indietro è doveroso per inquadare una storia che avrebbe ispirato anche un premio Nobel come Pirandello.
Ci troviamo a San Severo, in provincia di Foggia o terra di Capitanata, la "città dei campanili", del vino doc, dell'olio buono, del barocco dell'Alto Tavoliere e del terzo teatro all'italiana della Puglia - per importanza e capienza - dopo il "Petruzzelli" di Bari e il "Politema Greco" di Lecce: il "Giuseppe Verdi". Classe 1937, inaugurato con l'opera lirica "Andrea Chénier" del compositore Umberto Giordano, il "Verdi" è stato recentemente adibito a condominio... per fortuna, non in senso lato ma allegorico.
Caso più unico che raro nell'italico stivale, la giunta comunale cittadina guidata dall'avv. Francesco Miglio, ha deliberato (anche se sull'albo pretorio online, ad oggi, ancora non risulta. ndr) la nomina di cinque direttori artistici, che svolgeranno gratuitamente il loro incarico per i prossimi due anni.
Una "coabitazione artistica" che stimola alcune domande e relative riflessioni. Innanzitutto: chi sono i direttori artistici? Dal comunicato del portavoce del sindaco risulta che il maestro Luca Testa si occuperà della lirica, il maestro Antonello Ciccone di musica bandistica e arti varie, la prof.ssa Gabriella Orlando della musica sinfonica, il cantautore neomelodico Maurizio De Maso di musica leggera e il maestro Paolo Curatolo di prosa.
Prima osservazione: perché cinque direttori artistici quando il Teatro alla Scala di Milano (Alexander Pereira), il Teatro Massimo di Palermo (Oscar Pizzo), il Teatro dell'Opera di Roma (Alessio Vlad), il Teatro Stabile di Torino (Mario Martone), la Fondazione Lirico Sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari (Massimo Biscardi) - solo per citare alcuni esempi - ne hanno uno solo e sono supportati da uno staff qualificato?
Ancora, perché proporre la propria professionalità gratuitamente? Le teorie economiche insegnano che per tutto ciò che riceviamo gratis, c'è qualcuno che lo sta pagando per noi o forse, più probabilmente, l'utente paga il conto finale senza rendersene conto. Dato che è risaputo che non si vive di sola gloria e bisogna pur lavorare per portare a casa "il vil denaro", la domanda nasce spontanea: un teatro può essere gestito a tempo parziale?
Un blasonato contenitore culturale come il Teatro "Giuseppe Verdi" non andrebbe gestito in modo meno provinciale e più professionale? Soprattutto, far passare la nomina come un fatto positivo solo perché le casse comunali non dovrebbero risentirne, proponendo esclusivamente maestranze locali (tutti i direttori artistici sono di San Severo. ndr), è una favola già letta più volte. E la contaminazione culturale con l'esterno dov'è? Cosa sarà proposto nei prossimi anni? Ci sarà qualità o pressappochismo?
Generalmente, e per logica, un direttore artistico è nominato all'inizio di una stagione teatrale, non alla fine. Il rischio di ingovernabilità della struttura è alto, a discapito di qualità e fruibilità del teatro da parte dei cittadini: i conflitti interni per accaparrasi le esigue risorse (chi finanzierà cinque programmi artistici diversi?) e la migliore data in calendario saranno all'ordine del giorno.
Dunque, perché proprio ora queste nomine e perché questi nomi? Sarà un caso che a maggio si rinnova il consiglio della Regione Puglia e l'operazione ha un sapore agrodolce di compromesso politico? Fermo restando che ben tre direttori artistici su cinque - nel 2014 - sono stati candidati alle ultime elezioni amministrative comunali della città di San Severo (Ciccone, De Maso, Curatolo), di cui due proprio nelle liste di una parte politica attualmente al governo della città, l'amletico dubbio sorge spontaneo e illumina tristemente le lande. Che sia una "cortesia dovuta"?
Eppure, il Teatro "Giuseppe Verdi" ha accolto nell'attuale stagione due importanti eventi: la stagione di prosa organizzata dal Teatro Pubblico Pugliese (con nomi del calibro di Pierfrancesco Favino, Luigi De Filippo, Beppe Fiorello) e Musica Civica, kermesse di alto spessore culturale internazionale per gli artisti di pregio invitati e per i temi civici trattati, che nulla è costato alle casse comunali, visto che il format è stato letteralmente regalato alla città. Due ottimi esempi che, a questo punto, rischierebbero di venir meno nella prossima stagione artistica, perché l'estro e le doti organizzative di eventi di questo spessore prevedono un'esperienza affermata nel settore.
Che "strano paese", direbbe l'amato e compiato sanseverese Andrea Pazienza. La cultura non è uno scherzo, non è merce di scambio per glorificare l'ego di qualcuno o le ambizioni di qualcun altro. Ma siamo in Italia: Così è (se vi pare), direbbe Pirandello, dopotutto, dice il proverbio "quel che è gratis prendilo com'è".