Abusi d’Africa . La prima di uno spettacolo , no che dico , la messa in scena o meglio un messaggio appassionato che il giornalista Giuseppe Carrisi , dopo averlo scritto nel suo libro-indagine “ Tutto quello che dovresti sapere sull’Africa e che nessuno ti ha mai raccontato “ha portato in scena. Un bell’esempio di teatro civile (teatro politico) dove è evidente , chiara e virtuosa ,la voglia di denunciare al mondo lo sfruttamento disumano e miope di un continente che ha costretto e costringe una parte consistente dei propri giovani a fuggire nel “nostro bel mondo “. Una fuga lunga talvolta mesi od anni , come ci narra con voce ferma , cadenzata e penetrante il giornalista ,che si autodefinisce non attore , attraverso il deserto sahariano con l’incerto futuro di potere raggiungere dalla Libia le coste italiane tramite un gommone.
La messa in scena di Alessandro Garzella e Fabrizio Cassanelli , evocativa , coinvolgente e senza sbavature è il valore aggiunto al messaggio ,forte e chiaro , di aiuto ,supplica, denuncia e speranza di una popolazione che ,agli angoli di ogni nostra città e paese , ci chiede semplicemente il diritto di sopravvivere.
Le scenografie sono povere , ma ci restituiscono in modo crudo l’essenzialità del messaggio : la convergenza delle linee dei piani in legno su cui scorrono le strazianti immagini dei video realizzati in zone di guerra africane da Giuseppe Carrisi , contribuiscono alla centratura ,messa a fuoco ed amplificazione morale e cognitiva dell’immane problema , come a voler sottolineare che da domani ciascuno di noi ,spettatore ,non potrà più dire : non lo sapevo.
La brava Letizia Pardi ha interpretato l’attore che porge la battuta o meglio , in questo caso , il tema da sviluppare al primo narratore ; Valentina Grigò con semplicità ed efficacia ha creato con canti e nenie il sottofondo acustico di una ambientazione nella quale la gigantesca figura di Matar Ndiaye si erge in maniera inquietante ed evocativa.
Un pubblico numeroso ,attento e sensibile ha apprezzato la sferzata provocante messa in scena , con un lungo applauso e mentalmente ringrazia. Si , perché ha capito .La sofferenza ha un colore : il nero. Ma la generosità e la tolleranza sono per ora senza colore.
Teatro Rossini 6 febbraio 2010
Teatro