L'esposizione sottolinea l'identità e l'internazionalità della figura di Aldo Rossi e della sua poetica architettonica a dieci anni dalla sua scomparsa. Con l'occasione si presentano testimonianze sulle sue opere e sui suoi progetti, fornite da personalità da tutto il mondo a lui vicine per amicizia o professione.
Nel percorso della mostra anche sei modelli lignei (tra cui quello del teatro Carlo Felice di Genova che, esternamente, si impone nel paesaggio collinare della città con la torre scenica, internamente ricrea una piazza storica della città, anche nei materiali impiegati) e 50 opere tra disegni, tempere ed acquerelli (la maggior parte autografi) realizzati tra l'inizio degli anni '60 e il 1997.
La coerenza e la continuità di pensiero e di linguaggio del suo percorso professionale e di ricerca sono restituiti con chiarezza. Rossi impose la necessità della teoria come fondamento dell'architettura e nella Triennale da lui diretta (sezione architettura) nel 1973 riuscì ad internazionalizzare il problema dell'architettura come “atto di resistenza” contro il tempo dissipatore, nella sua riduzione a “puro frammento”. Una verità spiazzante per l'alta concentrazione del suo tasso onirico in un'architettura che successivamente si fece chiara nella sua vocazione affabulatrice, evidente nella Biennale da lui diretta (sezione architettura) nel 1983.
A dieci anni di distanza è necessario fare il punto sulla sua eredità. Lo testimoniano gli amici: Tadao Ando, Gae Aulenti, Carlo Aymonino, Gabriele Basilico, Gianni Braghieri, Manlio Brusatin, Guido Canella, Arduino Cantafora, Giorgio Ciucci, Peter Eiseman, Hans Kollhoff, Irving Lavin, Ignacio Linazasoro, Rafael Moneo, Antonio Monestiroli, Francesco Moschini (curatore), Paolo Portoghesi, Franco Purini, Bruno Reichlin, Fabio Reinhart, Luciano Semerani, Alvaro Siza, Heinz Tesar, Guillermo Vasquez Consuegra, Daniele Vitale.
Roma, Accademia Nazionale di San Luca, fino al 17 febbraio 2008, ingresso libero, brochure Gangemi editore.
Teatro