La pop art (abbreviazione di “popular art”) ha le sue origini nel dibattito, avviato in Inghilterra nei primi anni Cinquanta, sulla comunicazione di massa e sulla produzione di immagini ad essa collegata. Il linguaggio si è poi diffuso verso il 1959-60 negli Stati Uniti, dove la nuova attenzione per l’oggetto di uso comune si innestava su una tipica tradizione figurativa locale. Il momento di passaggio dall’informale al pop è rappresentato dalla produzione neodadaista di Rauschenberg, legata ancora al contesto dell’espressionismo astratto.
La pop art si è sviluppata per tutti gli anni Sessanta, caratterizzandosi in generale per la perdita di ogni riferimento all’emotività soggettiva e per la vasta utilizzazione, apparentemente neutra, di immagini ed oggetti legati alla comunicazione di massa e alla vita quotidiana: Rosenquist proietta su enormi cartelloni immagini banali caricandole di significati minacciosi; Oldenburg confeziona in una dimensione deformata ed iperbolica oggetti di uso comune e cibi; Lichtenstein compie un’analisi linguistica demistificante delle immagini dei fumetti; Jonhs sottolinea la pura aleatorietà, la voluta indistinzione del fenomeno estetico da tutti gli altri fenomeni (come la musica di Cage che assorbe ed integra anche i rumori). Invece Warhol è interessato al problema della ripetitività e riproduce il medesimo soggetto in lunghe serie di fotogrammi per sottolinearne la carenza di significato; le sue opere impongono una riflessione sulla condizione e sulle contraddizioni dell’uomo contemporaneo.
La mostra alla Magnani Rocca, centrata sull’opera grafica, ricrea l’atmosfera della Factory, la “fabbrica d’arte” fondata da Warhol nel 1963 in un’ex caserma dei pompieri sull’87^ a New York City, le cui pareti furono interamente rivestite di carta argentea: qui nacquero quadri, libri, film. Il percorso inizia con tavole colorate a mano che sono i primi lavori dell’artista e con un curioso libro di ricette illustrato, prosegue con le celebri serigrafie raffiguranti soggetti moltiplicati (Marilyn Monroe, Flowers, Electric chair, Mao, Mick Jagger) e l’inquietante e poco visto Lenin e si conclude con le serie dedicate ai travestiti di colore (Ladies and gentlemen), agli ebrei più famosi del XX secolo, all’epopea del west (“Cowboys and indians”) e con “The last supper” del Credito Valtellinese, realizzata poco prima di morire elaborando l’immagine de “L’ultima cena” di Leonardo. Nelle bacheche si possono ammirare copertine di dischi disegnate da Warhol e copie della rivista “Interview” dedicata al mondo del cinema e da lui fondata. La mostra è curata dalla Fondazione Antonio Mazzotta, proprietaria di molte delle opere in esposizione.
Mariano di Traversatolo (Parma), Fondazione Magnani Rocca, fino al 6 luglio 2008, aperta dal martedì alla domenica dalle 10 alle 18, lunedì chiuso, ingresso euro 8,00 (comprensivo delle belle raccolte permanenti), catalogo Mazzotta, infoline 0521.848327, sito internet www.magnanirocca.it
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