La stagione lirica 2012-13 a Reggio Emilia si è aperta all’insegna del bicentenario della nascita di Richard Wagner. Ovviamente, dati i costi e l’impegno artistico per allestire l’intero Ring wagneriano, il Teatro emiliano ha “rimediato” su una versione ridotta della monumentale saga. La Ring Saga è un adattamento dell’Anello del Nibelungo, realizzato nel 1990 dal compositore Jonathan Dove e dal regista Graham Vick, commissionato dalla Birmingham Opera in un progetto dedicato alla produzione di opere in formato ridotto, fruibili perciò a tutti i teatri e accessibile anche in momenti di crisi economiche, consentendo a un pubblico allargato di andare incontro a queste opere, riprendendo – con nuovo impulso – l’idea wagneriana di Festival. Ci sono voluti quattro anni di preparazione per realizzare Ring Saga, questo festival scenico in quattro opere; si tratta di una versione unica del Ring, ma al contempo fedele al testo wagneriano, libera dalle convenzioni del suo tempo e naturalmente – a partire dalla riduzione stabilita di Vick e Dove – alla ricerca di una propria forma. Ring Saga ha avuto una adesione immediata ed entusiasta di pubblico e critica, il progetto si è imposto come una lettura autentica, originale e attuale dell’opera di Richard Wagner. Questa versione musicale permette in effetti di attraversare l’epopea in un fine settimana (tre giornate consecutive dal venerdì sera alla domenica pomeriggio) e di restituire così allo spettatore questo momento unico immaginato da Wagner: l’immersione nel cuore della saga del Nibelungo.
Il Ring Saga reggiano è proposto in prima nazionale, qui presentato in un recente allestimento che porta la firma del regista francese Antoine Gindt, in scena per la prima volta in Portogallo nel settembre 2011 e successivamente portato in tournée in Francia e Lussemburgo fino allo scorso dicembre, in una coproduzione che coinvolge T&M-Paris, Casa da Música-Porto, Les Théâtres de la Ville de Luxembourg, Réseau Varèse, Cité de la Musique-Paris, Festival Musica-Strasbourg, Théâtre de Saint-Quentin-en-Yvelines. Un totale di nove ore di spettacolo divise in tre giorni, per un’orchestra – la Remix Ensemble, che ha sede presso la Casa della Musica di Porto, diretta da Léo Warynski - ridotta a soli 19 strumenti e senza coro, dove però la partitura conserva una reale smisuratezza, aprendo peraltro nuove possibilità. Per dare maggiore spazialità alla sonorità dell'ensemble, Dove ha aggiunto un organo. Al fine di preservare la coerenza pur riducendo la durata, l'arrangiatore ha accorciato alcune pagine orchestrali (l'inizio e le transizioni orchestrali tra le scene del prologo), soppresso scene di interesse drammatico secondario (per esempio, il maltrattamento che Alberich infligge a Mime nel prologo), condensato episodi senza scalfirne il senso (come nel monologo di Wotan/Viandante nella scena 7 di Sigfrido). Fin nel minimo dettaglio, Dove ha cercato di mantenere il discorso musicale originale, quindi elisioni e contrazioni risultano impercettibili per chi non conosce il testo approfonditamente. Per quanto riguarda la scelta dell'organico, il compositore inglese ha pensato a un'orchestra da camera molto diffusa nella produzione musicale del XX secolo e che Wagner stesso aveva esperimentato nel suo celebre Idillio di Sigfrido, pezzo che riprende alcuni dei leitmotiv presenti nella Tetralogia. Al lavoro di condensazione orchestrale, fa riscontro la contrazione nella durata delle quattro opere, realizzata in collaborazione con il drammaturgo e regista Graham Vick.
Questo sunto del Ring, anche nell’idea registica di Gind, riesce a raccontare i punti salienti di questa monumentale opera, anche se la regia vera e propria, in alcuni punti è troppo abbozzata e superficiale. Anche la scenografia di Elise Capdenat è minimale e si compone di due piani allineati nel palcoscenico quasi nudo, solo un pannello mediatico, dove vengono proiettate immagini e le belle luci di Daniel Levy fanno da sfondo agli eventi. Le immagini semplici, di taglio moderno, caratterizzate da una prevalenza di colori primari, esaltano il carattere primitivo della storia e a fronte di pittoresche chiome sghembe, ma azzeccate di Frika e Freia, oppure quella di Erda, quasi una madre terra, i costumi di Fanny Brouste sono proprio brutti e riportano, in alcuni, a Star Trek, in altri ad una umanità comune e triste.
Una dura marcia anche per quei cantanti che, pur nella brevità dei tagli, hanno cantato gli stessi personaggi per tutta la Tetralogia. Belle voci, anche se alcune non propriamente wagneriane. Tra la moltitudine di cantanti che hanno illustrato questo Ring si sono segnalati per l’ottima esibizione e la qualità del canto: Ivan Ludlow in Wotan/Wanderer; Nora Petrocenko in Fricka; Lionel Peintre in Alberich; Cheri Rose Katz nel doppio ruolo di Erda e di Waltraute; Cècile De Boever in Brünnhilde e Jeff Martin in Siegfried.
Molto buona la direzione del maestro Léo Warynski.
In un Teatro municipale quasi al completo, il pubblico reggiano ha apprezzato questa produzione e ha seguito tutte quattro gli spettacoli, tributando un buon successo.