I libri su un teatro mostrano quanto questo sia costantemente oggetto di attenzione e quanto abbia importanza per un luogo e chi lo vive. Anche se le pubblicazioni avvengono nel periodo degli anniversari. E specie se le pubblicazioni sono multiple o, comunque, corpose.
Accade quindi questo con il TSA, sigla nella quale si può riconoscere ed abbinare alla dicitura Teatro Stabile quella di Aquilano, Abruzzese o d’Abruzzo a seconda dei vari momenti che ha attraversato durante la sua cinquantennale storia.
Già un anno fa, durante i festeggiamenti per il traguardo dei 50 anni, era stato presentato il libro di Errico Centofanti (uno dei fondatori e traghettatori dell’ente negli anni di spicco, insieme a Luciano Fabiani e Giuseppe Giampaola) “Cinquant’anni dopo: azioni e divagazioni da con in per sopra sotto attraverso il TSA”, pubblicato a L’Aquila per i tipi di Textus edizioni.
A questo aveva fatto seguito, nello stesso anno, “Dal Tsa al Tsa” del giornalista Andrea Iannamorelli, con prefazione di Gabriele Lucci, edito da Tracce, Pescara.
Ora ne arriva un altro, “Il Teatro Stabile d’Abruzzo. Tra Storia e Cronaca”, di Antonio Di Muzio, che si preannuncia ben più monumentale, se non altro in virtù di quelle 600 pagine che si prefiggono di tracciare la storia del massimo ente teatrale regionale, fiore all’occhiello della cultura in Abruzzo e in Italia.
Il giornalista Di Muzio, laureatosi agli inizi del secolo proprio con una tesi sul teatro aquilano, ha affidato l’introduzione del suo libro alla scrittrice Dacia Maraini, la prefazione al Professor Ferdinando Taviani ed i contributi ad illustri studiosi, storici, personaggi e protagonisti della storia dell’ente come Eugenio Barba, Antonio Calenda, Raffaele Colapietra, Umberto Dante, Grazia Felli, Gian Piero Fortebraccio, Silvia Giampaola, Fabrizio Pompei, Armando Rossini, Francesco Sanvitale e Alessandro Preziosi.
Quali sono le radici del Tsa? Chi furono i fondatori? Quanto è stato determinante il ruolo della politica nella nascita del Tsa? I politici si sono serviti del teatro o gli uomini di teatro si sono serviti della politica? Perché Antonio Calenda abbandonò lo Stabile aquilano? Quanto durarono gli anni d’oro e quanto costarono? Le altre istituzioni culturali hanno beneficiato del ruolo del Tsa? Quando è iniziata la decadenza? È possibile rialzarsi e risorgere oppure dopo 51 anni il Tsa si trova a un fatidico bivio? Tanti interrogativi che il libro cerca di risolvere, attingendo alle fonti storiche e scritte, partendo da Amiternum per fare la storia di un teatro e dei teatri del territorio. La storia puntuale della maggiore istituzione culturale d’Abruzzo, conosciuta in tutto il mondo grazie a produzioni, spettacoli e protagonisti che hanno lasciato un segno indelebile. Il libro è il frutto di una ricerca durata 15 anni, che intreccia le storie del Tsa con il Tadua, l’Atam, l’Uovo e l’Accademia di Belle Arti, fino ai gruppi teatrali istituzionali e non istituzionali nati in modo spontaneo in Abruzzo.
Il libro verrà pubblicato a breve da Ricerche&Redazioni, Teramo.
Ecco uno stralcio dall’"Introduzione" di Dacia Maraini:
«… Antonio Di Muzio è riuscito a raccontare con chiarezza e precisione le tante storie che girano intorno alla nascita del Tsa. Un'opera completa che racconta successi e flop, grandi personaggi e grandi produzioni. Una pubblicazione molto utile. Anzi, direi necessaria. Un lavoro doveroso, inedito, per un ente che è stato fiore all'occhiello della cultura teatrale italiana e internazionale. Il nostro è un paese dalla memoria corta. E invece la memoria è la nostra coscienza storica, come dice Bergson. E io sono d’accordo con lui».
Dalla "Premessa" di Ferdinando Taviani:
«… È scendendo nelle miniere che si vede ad occhio nudo che cosa succede là sotto. E si tratta d’uno sguardo affascinante ed osceno. Ciò che è affascinante possiamo facilmente immaginarcelo: ha a che vedere con la ricchezza creativa, la ricerca, la fecondità, la speranza e l’arte. L’osceno invece – inutile illudersi - non ha a che vedere né con la trasgressione o la sensualità. Ha a che vedere non con l’organicità ma soltanto con l’organizzazione, con la morta ipocrisia, con il furto, la prepotenza. Con tutti quei rifiuti tossici che nascondono sotto la coltre teatrale insipienza e rapacità…».