Teatro

Ballet Black, l'eleganza del classico e la vitalità del moderno

Ballet Black, l'eleganza del classico e la vitalità del moderno

Tra classico e moderno, con un po' di ironia. Il Ballet Black chiude la sezione di danza del Napoli Teatro Festival 2015, con una doppia scenografia che ibrida i generi della danza.

La sezione danza del Napoli Teatro Festival 2015 chiude con un doppio spettacolo che mette in discussione la rigida scansione dei generi del balletto, armonizzando l’eleganza del classico con la vitalità del moderno e connettendoli a ipotesi di narrazione. Ballet Black – la compagnia internazionale di danza fondata e diretta da Cassa Pancho, sostenuta dalla Royal Opera House di Londra e vincitrice del Dance Awards 2012 come miglior compagnia indipendente del Regno Unito – torna in Italia, proponendo, sul grande palco allestito nella suggestiva cornice della Piazza d’armi di Castel Sant’Elmo, Second coming, di Mark Bruce, e A dream within a midsummer’s night dream, di Arthur Pita. I due coreografi, solitamente, sono lontani dal tutù e dalle punte ma hanno affrontato questa sfida come ricerca di un punto di equilibrio, non solo tra i modi della danza ma anche con le esigenze imposte dalla necessità del raccontare una storia.

Second coming è il titolo di una poesia scritta da William Butler Yeats, nel 1919, ma il balletto di Bruce conserva, del testo originale, solo il titolo e la citazione del personaggio della Bestia, che il poeta di Dublino prese dall’Apocalisse di San Giovanni. In un universo cupo e fantastico, abitato da esseri divini e infernali in competizione, le cui atmosfere, nonostante l’assenza di scenografia, sono ben rese dalle luci e dall’uso eclettico delle musiche, da Tom Waits a Dmitri Shostakovich, si svolge l’amore tragico tra il figlio del Re e una giovane donna. Liberata la storia da tentazioni moraleggianti, come ammesso dallo stesso Bruce, l’emotività può emergere in primo piano, anche a scapito della corretta lettura degli eventi.

Più immediata, invece, la coreografia di Pita che ha inserito un sogno nel sogno di mezza estate più famoso del mondo. Come nell’originale shakespeariano, il folletto Puck, in abiti da boy scout e con una barba di fiori colorati, fa da motore delle azioni e, irrompendo sulla scena di un balletto classico, interrompe l’esecuzione della Sarabanda di Handel, per portare i ballerini nella foresta incantata di Oberon. Abbandonata la severità del mondo reale, i personaggi si lasciano sedurre dai tranelli dell’amore, personificato dal discolo Puck che, dopo aver trasformato Bottom in asino e fatto innamorare Elena e Titania – uno strappo evidente non solo alla trama originale ma anche alla tradizione del balletto, perché i due passi doppi sono eseguiti da due donne e due uomini – scioglie la situazione, interrompendo il sogno e facendo tornare tutti nella situazione originale, sul palco, durante la sonata handeliana.

I movimenti fluidi delle braccia si distaccano dalla tecnica classica, trasmettendo una decisa linea espressiva, piacevolmente orientata verso l’ironia, come accade quando, in una situazione strutturata, si inserisce un elemento che la destabilizza.  Gli otto danzatori interpretano in modo magistrale questo ruolo ambiguo, accentuando il processo di fusione tra i generi con movimenti enfatici, in alcuni casi anche vicini al quotidiano, come per la camminata scenica, e riprendendo sarcasticamente la gestualità codificata del balletto classico. Tale impostazione si riflette anche nella scelta dei costumi, nei quali il dialogo dei materiali, tra tulle, bluse e canotte, riesce a evocare visivamente l’energia sprigionata dall’alternarsi tra le linee spezzate e dinamiche del movimento.