Teatro

Barbareschi spiega perché potrebbe chiudere il Teatro Eliseo

Barbareschi spiega perché potrebbe chiudere il Teatro Eliseo

Ieri sera una nota di agenzia ha comunicato la decisione del Direttore Artistico di chiudere il teatro, rimandando ad oggi i dettagli in conferenza stampa: ecco cosa è emerso dall'incontro.

Una notizia secca, drammatica per il teatro.
L’Eliseo chiude. Ed accade "A causa dell'inerzia delle istituzioni e delle promesse eluse". Così Luca Barbareschi annuncia la sua decisione, rimandando le spiegazioni alla conferenza organizzata per stamane ore 12 presso la sede del Teatro. Una chiusura in qualche modo annunciata durante una delle conferenze stampa di presentazione di uno spettacolo. Il Direttore Artistico chiedeva che venissero rispettati i patti presi da lui stesso col Mibact nel 2014, patti che elusi lanciano un messaggio di incuranza verso qualsiasi tipo di iniziativa, creativa ed economica. Il silenzio fino ad oggi aveva fatto ben sperare in una risoluzione positiva della situazione.

Si arriva a fine stagione teatrale.
Questa la decisione presa da Luca Barbareschi. Tra dati alla mano, spiegazioni sull’attività svolta in questi anni con crescite considerevoli (ad esempio un numero pari a 10.000 per gli abbonati) e proiezioni sull’utile mancato, ha spiegato che senza un supporto da parte delle istituzioni il teatro non può sopravvivere oltre. La gestione del teatro ha un costo di 4.000.000 di euro annui e solo con le forze economiche personali, che ad oggi ammontano ad un investimento pari a 5.000.000 di euro.  Proverà, fino al momento in cui dovrà annunciare la nuova stagione, a cercare supporto attraverso investitori privati.

Non si sopravvive senza un meccanismo equo con le mission dei teatri.
Prosegue Barbareschi sulla scia della situazione degli imprenditori culturali. Senza un accordo sulla politica dei prezzi, non ci si può allineare ai teatri europei. La proposta, a modello del sistema inglese, è quella di proporre spettacoli di innovazione che mettano in moto una macchina a servizio dell’istituzione, realizzando uno svecchiamento della gestione teatrale a favore di proposte attuali e appetibili.

Un altro duro colpo per la comunità che appena un mese fa ha assistito alla chiusura del Teatro dell’Orologio.          
Una sorte grama è toccata ad un altro luogo storico della Capitale. (Leggi la news QUI) Colpi che fanno riflettere sulle possibilità che la capitale ha ma che vengono puntualmente ignorate da coloro che dovrebbero tutelare l’Arte e la Cultura, il nostro patrimonio più prezioso.

Tre anni fa dopo numerose vicissitudini, veniva sgombrato il Teatro Valle.      
Dopo una occupazione nata nel 2011 per attuare (a detta degli occupanti) una riforma culturale attraverso un gesto di riappropriazione ed istituire così uno spazio pubblico di parola. (Leggi la news QUI).

A questo evento, era seguita pochi mesi dopo la lieta notizia della gestione dell’Eliseo rilevata da Luca Barbareschi, attraverso un movimento economico privato che scampasse dalla imminente chiusura per vicissitudini pregresse. Barbareschi, in accordo con le istituzioni, si impegnò a far fronte nell’immediato alla copertura dei debiti, alla sistemazione dello spazio e avviò un cartellone di stagione trovando accordi con le compagnie. (Leggi l’intervista con Barbareschi QUI).

L’impegno di Barbareschi si è rivelato vincente in termini di crescita dell’Eliseo.   
L'Eliseo è comparabile ai teatri europei. Il primo obiettivo di notevole portata è stato raggiunto. Ma la dove esiste uno spiraglio di lustro e non solo, anche in quel caso le istituzioni nicchiano ed ovviano a quello che è il ruolo fondamentale: la crescita di un paese in funzione del cittadino e non della politica.

Io sto qua dentro. Le Chiese non vengono sfrattate, e questa è una Chiesa: così conclude Barbareschi.
A questo punto non è lecito, ma doveroso chiedersi in quale direzione dovranno guardare artisti, imprenditori culturali e pubblico. Perché, che a fine stagione chiudi o meno il teatro, anche una semplice questione da dover risolvere in merito diventa un pugno improvviso allo stomaco. Chi spazza via la storia, chi dimentica, ci offre una vita preistorica rimuovendo a colpi di ignoranza i grandi talenti che il nostro paese ha partorito.