Teatro

Berlino, Die Soldaten

Berlino, Die Soldaten

Berlin, Komische Oper, “Die Soldaten” di Bernd Alois Zimmermann


RAPPRESENTARE L'IRRAPPRESENTABILE


“Unvorstellbar”, ovvero un’opera ritenuta fin dalla sua prima esecuzione a Colonia nel 1965 “irrappresentabile” per le sue innegabili difficoltà esecutive: Die Soldaten, al pari di Wozzeck e Moses und Aron, merita però per la sua forza espressiva un posto stabile nel repertorio e se ne avvertono ora i segnali in area tedesca, come dimostrano i recenti allestimenti proposti al Festival di Salisburgo, Monaco e ora alla Komische Oper di Berlino in una nuova coproduzione con l’Opera di Zurigo, in attesa del passaggio alla Scala di Milano nella prossima stagione appena presentata (leggi la news sul sito).

La vicenda è tratta dall’omonimo dramma di Jakob Lenz, esponente dello Sturm und Drang, di cui il compositore tedesco Bernd Alois Zimmermann porta alle estreme conseguenze il realismo con una cupa quanto pessimista riflessione sul tema della sopraffazione. E’ la storia di una progressiva caduta nella prostituzione in quanto la bella Marie, benchè amata dal fidanzato tessitore, si concede a numerosi militari nella speranza di una scalata sociale. Il degrado morale e materiale della giovane troverà il suo apice nella scena finale quando chiederà l’elemosina a suo padre senza essere riconosciuta.
La scrittura musicale estremamente complicata è caratterizzata da un gigantismo sonoro che prevede oltre a una compagine di 120 orchestrali (di cui più della metà percussioni) anche suoni amplificati e l’uso di materiale registrato. Un’opera di natura eclettica dove si insinuano squarci lirici e citazioni di materiali musicali diversi, dalla musica sacra (Bach in primis) al jazz, ma sempre “virati al nero” per rappresentare un mondo nel caos a un passo dal collasso che esprime l’ossessione postatomica di Zimmermann.
La partitura tagliente e martellante trasuda una violenza psicologica che mette a dura prova lo spettatore che trattiene il fiato avvolto in una morsa senza scampo. La complessità della struttura drammatica e musicale è esasperata dalla trattazione simultanea di scene che si sovrappongono in un intreccio visionario di materiali sonori che appartengono a temporalità diverse, “ieri, oggi, domani”, ma che alludono a una situazione di conflitto permanente insito nell’animo umano e non necessariamente legata a uno stato di guerra come il titolo lascerebbe pensare.

Calixto Bieto, a cui è affidata la regia della nuova produzione, porta alle estreme conseguenze il malessere generato dalla musica di Zimmermann con una lettura cruda e dolorosa fatta di immagini forti. Bieto ambienta l’opera in una quotidianità della violenza, in una piccola comunità di cui offre un campionario oltremodo esaustivo degli abusi (sessuali e non) esercitati dai singoli e dal branco in un eccesso iperbolico che rappresenta tutte le sfumature della brutalità umana.
La scena di Rebecca Ringst vede una struttura metallica gialla leggermente arretrata che si sviluppa in verticale su più livelli e sulla quale sono disposti gli orchestrali ed il direttore vestiti da soldati. Un reticolo formicolante e metallico che ricorda la Metropolis di Fritz Lang con scale praticabili a tutta altezza ai lati della scena e piattaforme che si alzano e abbassano come ascensori a vista. L’orchestra in primo piano, visivo e acustico, contribuisce ad amplificare a dismisura la situazione di aggressività e ci trasporta in una situazione psicologica di pericolo, campo di concentramento o di battaglia che sia.
Maxi schermi ai lati della scena mostrano durante il preludio le immagini (video di Sarah Derendinger) di Marie bambina, un angelo biondo dagli occhi azzurri che tiene dapprima con innocenza fra le mani un gallo che poi sgozzerà senza pietà nel corso del dramma. I video rimandano in presa diretta anche le immagini di Marie adulta ripresa sulla scena nei suoi atteggiamenti da Lolita seduttrice in un alternarsi di fermo immagini spietati che rimandano dettagli espressivi del volto e delle labbra piuttosto che del complesso movimento scenico. L’uso dei video è  coerente con la simultaneità drammatica e musicale, dove passato e presente coincidono, ma nella progressiva virata drammatica cogliamo la  prospettiva cronologica di una discesa agli inferi.
Mentre all’inizio Marie è rappresentata come una ragazza superficiale, divenuta per scelta un oggetto sessuale e come tale non suscettibile di particolare compassione, col progredire dell’opera lo sfruttamento si fa sempre più perturbante e il finale lascia senza fiato quando, sotto una musica marziale sempre più martellante e compulsiva, si rovescia addosso il contenuto di  una tanica che ricopre di sangue il corpo seminudo e, inginocchiata, alza le braccia in un volo disperato o meglio in una crocifissione da martire, per poi esplodere in un grido fortissimo che butta fuori tutto l’orrore a cui abbiamo assistito.

L’opera prevede una scrittura vocale oltremodo scomoda e acuta, ma soprattutto richiede agli interpreti grandi doti di interpretazione ed intonazione. Susanne Elmark, al di là dell’aspetto da bambola ideale per il ruolo, è perfetta nel tratteggiare con grande naturalezza scenica e vocale la caduta di Marie. La cantante risolve i passaggi più impervi con musicalità e precisione ed il suo grido finale,potente e lancinante, va dritto al cuore. Di Karolina Gumos si apprezza la bella voce brunita adatta alla dolente sorella Charlotte.
Jens Larsen è Wesener, padre dalla voce generosa e presenza scenica importante. Tom Erik Lie è il fidanzato Stolzius succube della madre, della società e di un amore sbagliato.
Ben caratterizzati i militari seduttori: Reinhard Mayr  interpreta con giusta sgradevolezza il Conte di Spannheim, Martin Koch è un Desportes ipocrita e lascivo, Günter Papendell è Mary, Tomohiro Takada è un Haudy di vocalità importante. L’opera fa largo uso di voci tenorili acute come il Capitano Pirzel di Hans Schöpflin e il prete predicatore di Joachim Goltz il cui Pater Noster finale è privo di pietas e sembra ribadire un Requiem senza assoluzione. Anche le figure materne generano oppressione e castrazione, Christiane Oertel è la madre di Stolzius e Noemi Nadelmann è una Contessa de la Roche irresistibile che ha la cattiveria e il magnetismo della “perfida Alexis” di Joan Collins. Xenia Vyaznikova è la madre di Wesener, una vecchia malata che si trascina la flebo portatrice di un cupo messaggio di sventura. Se pur quello di Madame Roux sia un ruolo muto ha una valenza coreografica forte e a Beate Vollack è assegnato il compito di declinare con le sue movenze lascive tutte le sfumature della dominazione sessuale.

Gabriel Feltz, coadiuvato da un secondo direttore in buca, dirige con vigore e precisione l’Orchestra della Komische Oper che risponde con un suono limpido e asciutto anche nei momenti di massimo gigantismo sonoro.

Alla prima standing ovation e applausi interminabili per una produzione di successo emblematica del nuovo corso del terzo teatro d’opera berlinese. Da non perdere.

Visto a Berlino, Komische Oper, il 14 giugno 2014

Ilaria Bellini