Berlin, Philarmonie,”Iolanta” di Peter Tschaikowsky
LA LUCE RITROVATA DI IOLANTA
Iolanta, l’ultima delle dieci opere liriche composte da Tschaikowsky, è piuttosto atipica, in quanto, oltre a non essere basata su di un soggetto russo e risentire di influenze francesi nel tessuto musicale, ha un lieto fine che costituisce una parentesi di serenità nella produzione del tormentato compositore. L’opera in un atto fu composta parallelamente allo “Schiaccianoci”, in modo da avere una rappresentazione congiunta, ma, diversamente dal balletto, non ottenne consenso unanime e non è mai riuscita a trovare un posto stabile nel repertorio.
Il libretto (scritto dal fratello del compositore) è tratto dal dramma “la Fille du roi René” del danese Henryk Hertz e narra la vicenda della cieca Iolanta che, per volere del padre, vive isolata in un giardino edenico, ignara della propria cecità e della propria condizione principesca. Un cavaliere infrangerà il divieto e risveglierà in lei, oltre all’amore, l’ardente desiderio di vedere, condizione necessaria per acquisire la vista.
L’opera è immersa in un’atmosfera da favola molto poetica e sfumata, l’azione è statica e tutto avviene a livello psicologico: un teatro interiore, astorico e favolistico, che si sviluppa nella dicotomia ombra/luce, peraltro ben tradotta a livello orchestrale dalle tinte delicate e quasi impressionistiche.
L’opera anti-drammatica si presta all’esecuzione in forma di concerto, inoltre i cantanti hanno accennato un minimo gioco scenico e il mazzo di rose bianche e rosse sul palcoscenico ha reso credibile la scena in cui Iolanta, non potendo distinguere i colori, continua a offrire una rosa bianca.
Nonostante sia un’opera di grande fascino, Iolanta è poco frequentata al di fuori della Russia e dobbiamo riconoscere ad Anna Netrebko, intorno alla quale è stata creata una tournée in forma di concerto, il merito di contribuire con il suo potere d’attrazione a diffondere un capolavoro poco conosciuto. Anna Netrebko ha sempre dichiarato di amare particolarmente Iolanta e non a caso è stata proprio lei a favorirne di recente la programmazione nei festival di Baden Baden e Salisburgo. Non nascondiamo di provare per le doti sceniche e vocali della cantante forte ammirazione, ma, se nel repertorio italiano le si possono obiettare delle estraneità stilistiche, è in quello russo che, per ragioni idiomatiche, culturali, affettive, il soprano dimostra la propria straordinaria caratura artistica. Anna Netrebko modula talmente la voce nelle pieghe psicologiche del personaggio che ne restituisce ogni sfumatura e, anche se non sappiamo il russo, “capiamo”. Rispetto ad altre occasioni c’è un uso diverso della voce, meno plateale (nonostante un medium divenuto negli anni possente) e più interiorizzato, attento al testo e all’intonazione. La sua Iolanta è vibrante e sensibile senza essere sentimentale, la voce si espande nelle grandi arcate melodiche con acuti decisi e luminosi, capace poi di assottigliarsi con affettuoso pudore per indagare le ragioni di una sconosciuta inquietudine. Nessuna ricerca del facile effetto, nessun manierismo, una totale comunione d’intenti fra cantante e personaggio.
Sebbene tutti ottimi professionisti, non di pari carisma gli altri interpreti. Decisamente coinvolgente il re René di Vitalij Kovaljow per la sontuosa voce da basso; Lucas Meachem dona buon risalto al ruolo di Robert con voce baritonale piena che strappa l’applauso; Vaudémont è una parte “ingrata” e Sergey Skorokhodov canta correttamente ma manca del giusto slancio e, nel lungo duetto con Iolanta, subisce l’inevitabile confronto e la voce risulta sottodimensionata; non sempre a fuoco Vassily Savenko nel ruolo dell’enigmatico medico Ebn-Hakia; Luka Debevec Mayer è un Bertrand partecipe; gradevole lo squillante Almeric del coreano JunHo You. Per quanto riguarda gli altri ruoli femminili Monica Bohinec è un’ottima Martha e la voce riesce a fondersi con quella di Iolanta ricreando un’atmosfera soffusa; le amiche sono rispettivamente Theresa Plut (Brigitte) e Nuška Rojko (Laura).
La direzione di Emmanuel Villaume è tesa ed energica e mantiene alta l’attenzione dell’ascoltatore con sonorità turgide e dinamiche stringenti, anche se si perde l’incanto ipnotico di una partitura che ha nelle trame iridescenti e soffuse il suo fascino.
Non particolarmente suggestivo, ma comunque compatto, il suono dell’orchestra filarmonica slovena, Adeguato il coro da camera sloveno preparato da Janez Podlesek.
Grande successo per una tournée europea di dodici date che, nonostante titolo e prezzi non popolari, riempie le sale. Dopo questa Iolanta l’attesa per Tatiana a Vienna è ancora più alta.
Visto a Berlino, Philarmonie, il 14/11/2012
Ilaria Bellini