Berlin, Komische Oper, “Rusalka” di Antonín Dvořák
Né donna né pesce
Rusalka, la penultima opera di Dvořák, composta all’apice della carriera del compositore, è insieme alla Sposa venduta di Smetana l’opera ceca di maggior successo. Momenti altamente drammatici, effusioni liriche, melodie della tradizione popolare si innestano in un ricco tessuto sinfonico che fonde elementi classici a estetica wagneriana. Rusalka, spirito dell’acqua che per amore di un principe aspira a sembianze umane con tragico epilogo, è l’essenza della mitologia slava e il libretto scritto dal poeta Jaroslav Kvapil basato su fiabe popolari e influenzato dalla Sirenetta di Hans Christian Andersen e dalla Undine di La Motte Fouqué è particolarmente poetico e delicato.
Alla Komische Oper è andata in scena una nuova produzione di Rusalka firmata da Barrie Kosky, da poco nuovo direttore artistico del terzo teatro d’opera berlinese e da cui si attende un interessante nuovo corso per la programmazione artistica futura.
Kosky evita di dare allo spettatore una chiave di lettura univoca in quanto ritiene che ognuno debba sviluppare la propria interpretazione della fiaba e rifuggendo da logiche descrittive procede per immagini enigmatiche di surreale bellezza che scuotono provocando turbamento per il forte impatto emotivo.
La scena di Klaus Grünberg è unica, una stanza bianco avorio dalle linee rococò che sembra la prosecuzione del proscenio di cui riprende il colore e i fregi decorativi , l’ambiente è ermeticamente chiuso e claustrofobico , solo una porta al centro e una panca sulla destra dove siedono i personaggi.
Rusalka entra in scena uscendo da una botola nascosta sotto la panca facendosi largo fra le gambe del Water Goblin o del Principe, come a mimare una nascita ,trascinandosi quasi con sofferenza l’immensa coda di pesce grigia da tonno e dal suo primo apparire capiamo che il suo destino non può che essere tragico , né donna , né pesce , desidera essere ciò che non è ma che non potrà comunque diventare e entrambi i mondi , quello delle ninfe e quello degli uomini le sono ostili. Le ninfee sono delle collegiali vestite di nero con lunghe trecce bionde,monelle impertinenti e cattive si tirano addosso pesci di plastica e non mancano di sottolineare il disagio e la sofferenza di Rusalka .
La strega Jezibaba , in abiti eleganti con un gatto nero sulla spalla e un servo spastico particolarmente inquietante al seguito, “opera” Rusalka su di un tavolo di metallo strappandole l’immensa lisca che getta sul pavimento- scena davvero forte - divenuta donna la ninfa impara a muovere i primi passi come un bambino , dapprima con incertezza, poi con maggiore sicurezza, fino a correre in cerchio per la scena in modo ossessivo non sapendo dove andare.
Rusalka impara a camminare, ma non altrettanto a capire il mondo degli umani ed il suo mutismo è tanto più straziante in quanto traduce una incapacità di comprensione e anche il suo continuo agitare le mani come fossero branchie trasmette una forte inquietudine
Nonostante le buone intenzioni non riesce a ballare con il Principe , sbaglia continuamente il passo, all’infinito, noi soffriamo per la sua goffaggine , ma il Principe si spazientisce e se ne va.
Nel terzo atto proiezioni deformano la scena che sembra ondeggiare come le acque di restituendo l’effetto del lago, effetto ottico come visto attraverso l’acqua ,Rusalka cerca la morte in una danza macabra mentre danza con una figura con il teschio e gioielli , mentre le ninfe dispettose la irridono e le strappano i capelli
Nella scena finale Rusalka è condannata a camminare avanti ed indietro sulla sua lisca mentre il Principe giace morto , o forse addormentato sulla canna da pesca alla cui estremità del filo e appeso l’amo che tiene in bocca Rusalka,
Il regista regala pregnanza drammatica anche alle scene di genere , convenzionalmente deboli , infatti Rusalka nascosta sotto un tavolo da cucina assiste suo malgrado ai preparativi per le nozze e sbigottita e stupita ha una prefigurazione del suo destino nel cinico mondo degli umani quando vede montagne di pesci finire in pentola a colpi di mannaia . A scandire momenti di transizione la musica tace e vengono messi in risalto altri rumori, come il rumore dei passi o il chiacchiericcio delle persone in scena per rafforzare il senso di teatro nel teatro.
Ina Kringelborn è una Rusalka che non lascia indifferenti,così malinconica e dolente nel suo essere “fuori posto”, fisicamente ideale per il viso d’ innocente bellezza, i capelli biondissimi, la pelle bianca. L’intensità scenica è supportata da una voce di bel colore pienamente espressiva e ben modulata che le consente di risolvere con sicurezza la difficile tessitura.
Nel ruolo del Principe Jeffrey Dowd non spicca per caratteristiche timbriche né di fraseggio ed il personaggio risulta un po’ sbiadito.
Jens Larsen dona voce autorevole a Water Goblin, qui particolarmente depresso e rassegnato di cui fa scaturire l’intensa umanità.
Manuela Bress è una Jezibaba di spiccata personalità e bel timbro scuro.
Barbara Schneider Hofstetter è una Principessa subdola dalla voce sopranile piena.
Bene il guardacaccia di Thomas Scheler ed il cacciatore di Matthias Siddhartha Otto.
Particolarmente adatte al ruolo le tre ondine, rispettivamente Mirka Wagner, Annelie Sophie Müller e Silvia Hauer.
Ottima la direzione di Patrick Lange che imprime grande tensione alla partitura, mettendone in rilievo la modernità e il suo esser di transizione fra Wagner e Strauss, facendone scaturire il dramma senza indulgere in un facile melodico e trovando brio trascinante nei momenti di folclore dal temperamento slavo.
Precisa l’esecuzione orchestrale da parte dell’Orchestra della Komische Oper.
Grande successo di pubblico e critica per una delle produzioni più riuscite della Komische Oper.
Ilaria Bellini