Dal 21 al 27 settembre la rassegna curata da Officina Teatro invaderà gli spazi di San Leucio, fra le strade, le taverne e il magnifico Belvedere di Ferdinando di Borbone. Teatro, danza, performance, e anche uno spettacolo per un solo spettatore.
Che il teatro possa improvvisamente svanire, che il teatro come istituzione che crea distanza, come torre d’avorio di una liquida intellighenzia da tempo immemore in dialogo solo ed esclusivamente con sé stessa, che questo abisso della comunicazione di massa possa saturarsi, così, d’improvviso, come quei torrenti che esondano dal loro alveo portando la madida morte fin dentro le nostre case, è un auspicio, un chiodo sulla croce dell’albagia teatrale. Il sogno del solitario ginevrino di gettare a terra tutti gli edifici teatrali, di far esondare lo spettacolo tra la gente, di trasformare il quotidiano contatto di uomo con uomo nella messa in scena di sé stessi, nel teatro della comunità, da sempre è perseguito da quegli artisti che hanno ancora chiaro il senso del loro “mestiere”. Il concetto stesso di antropologia teatrale ha senso solo in virtù di un abbassamento della cifra intellettualistica e iperurania del teatro.
Il teatro, come lo conosciamo adesso, baldracca d’alto bordo insuperbita o pingue cocotte di periferia, deve morire, l’arte deve morire. L’artista “morto” sarà senz’altro più amato, finanche più simpatico; si mescolerà tra la gente, non più osservato come una reliquia di un’intelligenza aliena distante centinaia di migliaia di anni luce, bensì come un uomo che plasma la realtà, gli uomini e le idee, così come il fabbro o il falegname fanno con le rispettive materie prime.
È per questo che Miofestival e Abitat(i) costituiscono senz’altro uno degli aspetti più accattivanti della quarta edizione di Ouverture, festival delle Arti(N)contemporanee, ideato da Officina Teatro con la direzione artistica di Michele Pagano. Il Festival si svolgerà dal 21 al 27 settembre sul territorio di San Leucio, periferia geografica ma non culturale di Caserta, raggiungendo fra l'altro una tra le più riuscite opere architettoniche di epoca borbonica, quel Belvedere punta di diamante del progetto industriale di Ferdinando IV: sede tra Settecento e Ottocento di uno dei più importanti centri italiani di lavorazione della seta. Ouverture è una satura lanx di linguaggi artistici, dal coturno al pennello, un caleidoscopico viaggio nel cuore dell’arte contemporanea. È all’interno di questo “brodo primordiale”, come lo ha definito Michele Pagano, che lo spettatore si perde, perde la propria sicurezza di ente malriposto al di fuori del processo di creazione e comunicazione artistica.
È dunque all’interno di quest'adulterata ouverture che trovano spazio i summenzionati progetti di Miofestival e Abitat(i). Il primo ha l’obiettivo di confondere in maniera invasiva e traumatica - nel senso di una repentina caduta delle barriere tra le due istanze in gioco - i ruoli di attore/artista e spettatore; esso consta di una sorta di adozione dell’artista da parte dello spettatore: l’artista viene ospitato in una casa privata o in una struttura alberghiera concretizzando un processo di reciproca permeabilità esistenziale e creativa estremamente interessante (seppur rischioso). Per quanto concerne invece Abitat(i), saranno i prodotti artistici, installazioni e studi dei performer, ad invadere lo spazio abitato che circonda lo splendido belvedere borbonico: le opere d’arte si confonderanno, si spera in un sublime e originale dialogo, con gli oggetti d’uso comune.
Potete trovare qui il programma completo del Festival che - a celebrare il carattere rituale e collettivo del teatro - comincerà e si chiuderà con una festa. Fino al 18 settembre sarà possibile sottoscrivere la carta All you can see, che permetterà di prender parte a tutti gli spettacoli della rassegna.