Teatro

Chi non mastica la Mistica...

Chi non mastica la Mistica...

Per la rassegna Corpus - Arte in Azione, al Museo Madre è stata inscenata una performance di Xena Zupanic, ideata da Sebastiano Deva, che nelle intenzioni programmate voleva prendere spunto da tradizioni simil-religiose, promettendo «una folgorazione divina, punto d'arrivo di un viaggio psichedelico denso di interferenze sonore, una visione estatica che si compone fino allo spasmo finale al fine di raggiungere il centro significante di alcune immagini sacre».

Nei giorni scorsi è stata regalata a questa serata una pubblicità involontaria a causa della decisione del sindaco di Napoli di rimuovere i cartelloni che promuovevano questo spettacolo, creando così un clamore con cui è stato consegnato alle cronache un cosiddetto evento, attirando anche il tradizionale pubblico che si lascia trascinare dalla mera curiosità. Per creare la performance, sono state scomodate sante come Angela da Foligno, Teresa d'Avila, Maria Maddalena dei Pazzi, Maria Valtorta e Veronica Giuliani, e questo ardire è forse l’unica cosa “notevole” dell’operazione.

Una performance di questo tipo dovrebbe avere l'intento di simboleggiare l'annullamento dell’Io e dello stesso ruolo attoriale, per un “making art” che si sublima nell’opera stessa e che il più delle volte rappresenta un suo essere in progress come finalità intrinseca ed appartenente ai suoi principali significanti. Ed invece è proprio su questo aspetto, che fallisce sia nell’espressione che nella trasmissione: il significante proprio non parte e non arriva.

Luci e musica ossessive, voce stridente ed urlante anche oltre il limite della tollerabilità, lampi e tuoni di «Annegami!», «Strozza la sposa!» ed un atteggiamento sporadico quanto poco convinto da simul-battente, simulazioni di riti di autolesionismo assolutamente vaghe, uova in bocca da vomitare, un bagno nel latte, il taglio di capelli finti, la composizione in terra di una croce con le perle della collana strappate, un corpo di fuori vestito quasi da sposa ed un corpo di dentro né provocante né estatico, ma pseudo-seduttivo… tutto questo, senza concedere nulla a quella tensione mistica che invece era l’obiettivo principale: semplicemente, non c’era. Non basta inseguire simbolismi arcani troppo ambiziosi, oltre che poveri, malintesi e rarefatti, per creare il pathos della Mistica. Le Sante invocate invano, forse avranno modo di esercitare la loro pietas.

Paradossalmente, il momento in cui si potrebbe percepire un’impressione significativa è quello dopo la fine, quando tutti se ne vanno, e si resta a guardare i resti lasciati sparsi in terra, con le luci accese dietro, quasi come un set abbandonato, ma anche qui prevale invece un pensiero ed anzi una speranza: che il latte ed il sale non abbiano rovinato i circa 10 mq di parquet su cui sono stati inutilmente versati.

Nel finale vero, invece, la mancata Santa scompare rantolando nel retro, mentre i fumogeni imperversano inesorabilmente sulla platea, ammorbando l'aria per un quarto d’ora: forse soltanto addizionandoli con qualche sostanza allucinogena ci sarebbe stata qualche speranza, per il pubblico, di cogliere anche qualche tensione Mistica.