Dopo le dichiarazioni e conseguenti smentite di Piero Sansonetti, direttore de Il Riformista, il produttore Massimo Romeo Piparo interviene sull'importanza e la funzione del teatro: oltre la cultura c’è di più.
La pandemia del Covid 19 sta mettendo a dura prova la tenuta sanitaria ed economica del mondo intero. E mentre è scontato che nella sanità il discorso sia equitario per la salute dei cittadini, era inevitabile che emergesse la scala di importanza che ogni paese attribuisce alle varie attività economiche. In Italia, sebbene ci siano disagio e precarietà diffuse, alcuni settori come lo spettacolo subiscono duri colpi da parte delle istituzioni e degli addetti ai lavori. Spesso questo accade per mancanza di conoscenza reale del settore, del suo potenziale e delle sue reali funzioni. Nel caso in questione, l'imputato è (sarebbe) il teatro.
Partiamo dai fatti
Qualche giorno fa Piero Sansonetti, direttore del quotidiano Il Riformista, durante una trasmissione televisiva si è espresso così: “Si possono chiudere i Teatri? Dal punto di vista economico penso di sì. Se chiudiamo tutti i Teatri d’Italia non succede niente, perché non hanno certo questo business…”.
Naturalmente, la polemica non ha tardato ad arrivare tanto che Sansonetti, con una ulteriore dichiarazione, ha specificato: "Non ho mai detto di voler chiudere i teatri, bisogna che il governo tenga conto da una parte di salvare il business, la produttività e poi dall'altra c’è l’aspetto culturale".
A chiarire l'indissolubilità dei due aspetti è intervenuto Massimo Romeo Piparo, produttore teatrale e rappresentante dell’ATIP (Associazione Teatrale Italiana dei Teatri Privati) il quale ha ricordato in questo video che il teatro offre mezzo milione di posti di lavoro in fase di piena attività ed è una quota importante per il PIL del paese. Inoltre, il teatro è una forza sociale e basta osservare l’effetto che ha sugli abitanti dei quartieri nei quali sorge, per capire quanto incide anche sulla tenuta economica del territorio.
Parliamo di misfatti
Alla luce di quanto accaduto, viene da chiedersi: perché trattare un argomento senza avere basi solide sulle quale snocciolare dati e avanzare ipotesi costruttive? Perché creare confusione e approssimazione soprattutto di fronte ad una platea corposa come quella televisiva? Un potente mezzo di comunicazione come il piccolo schermo ha bisogno, in questo momento più che mai, di chiarezza proprio da coloro che si considera fonti autorevoli e soprattutto attendibili.
Chiariamo una volta per tutte: il teatro non è solo cultura. Ha un indotto economico di cinque miliardi l’anno, un indotto che induce a non separare cultura e business. Il teatro il business lo crea. Un teatro in un quartiere porta lavoro a bar, ristoranti, hotel, taxisti, a quella produttività che guarda caso cita Sansonetti. Mezzo milione di posti di lavoro vuol dire mezzo milione di persone che spende, e paga le tasse. Quindi, smettiamola una volta per tutte di separare l’aspetto culturale da quello economico.
La cultura è il pane
Il teatro va conosciuto e va protetto, per le sue molteplici funzioni: economiche, culturali e umane. La cultura va tutelata perché la cultura da pane, materiale e emotivo. Che si smetta quindi di dare informazioni ingannevoli, di lasciare la cultura come ultima ruota del carro.
Il teatro si sta paragonando all'episodio La Resurrezione di Lazzaro racchiusa nel Mistero Buffo di Dario Fo. La scena si svolge nel cimitero dove è sepolto Lazzaro. Prima dell’arrivo di Gesù il cimitero si anima: c’è il custode che raccoglie soldi per far assistere allo spettacolo della resurrezione, un uomo vende le sedie alle signore e si crea un giro di scommesse sull'evento. Riuscirà Gesù a resuscitare Lazzaro? E noi ci chiediamo: questo corpo morto, questo teatro, riuscirà finalmente a trovare la sua resurrezione?