Arriva per la prima volta nella storia alla Lyric Opera il monumentale lavoro di Berlioz in una nuova produzione preceduta da un'impressionante campagna mediatica.
Chicago, Lyric Opera, “Les troyens”, di Hector Berlioz
LA PRIMA VOLTA DEI TROIANI A CHICAGO
Monumentale grand-opéra a soggetto classico, Les Troyens arriva per la prima volta a Chicago, preceduta da una imponente campagna mediatica giustificata dall'evento straordinario di questa nuova produzione della Lyric Opera (una delle sale teatrali più belle del mondo) che viene introdotta, alla recita a cui abbiamo assistito, da una lettura in modo che il pubblico possa meglio godere dello spettacolo. L'edizione prevede qualche taglio in modo da limitare la durata a poco più di cinque ore, intervalli compresi. Dunque resta solo il balletto che apre il quarto atto, dove la coreografia di Helen Pickett presenta un mondo acquatico e sereno, di classica perfezione. Il tutto esaurito è assicurato, nonostante la monumentale durata e il canto in francese.
La scena di Tobias Hoheisel mantiene la differenziazione tra le due parti in cui è divisa l'opera: La presa di Troia (primo e secondo atto) in cui si narra la vittoria dei greci e I Troiani a Cartagine (terzo, quarto e quinto atto) in cui si narra l'amore tra Didone ed Enea. Nella prima parte l'ambientazione è una muraglia concava in rovina con torri in parte crollate, una struttura che ruota per favorire diverse ambientazioni; nella seconda la muraglia è stata riparata e offre diverse prospettive più terse e luminose anche grazie a un enorme portone-apertura. I costumi contemporanei, dello stesso Tobias Hoheisel, in parte eliminano la dimensione epica del racconto. Le luci di David Finn bene ricostruiscono la drammaticità degli eventi, coadiuvati dalle proiezioni video di Illuminos alle quali viene affidato anche il celeberrimo cavallo e il poderoso incendio di Troia. La regia di Tim Albery segue abbastanza fedelmente il libretto e non interviene in modo decisivo, per cui lo spettacolo non ha una vera e propria impronta personale. La presa di Troia è caratterizzata dalla figura di Cassandra, sempre in movimento, le braccia tese verso l'alto, gli occhi mobili, presaga della tragedia incombente e inevitabile. I Troiani a Cartagine è caratterizzata dalla presenza di Didone, rigida e formale come la Cancelliera Merkel. In generale manca però nello spettacolo quel senso epico che caratterizza l'opera, un senso epico intriso di storia, politica, filosofia e letteratura così particolare che la rende vicina alla contemporaneità e dunque attualissima.
Sir Andrew Davis dirige l'orchestra della Lyric Opera con grande precisione nei tempi e pulizia dei suoni, rendendo la ricchezza di colore e sfumature della partitura: contrastata e fiammeggiante, dura e barbarica la prima parte; levigata e scintillante, nitida e composta la seconda.
La prima parte è dominata da Christine Goerke, una Cassandra molto intensa e tragica, donna dal fare erinnico e dal canto scolpito, sacerdotessa che corre sulle mura. La seconda parte è dominata dalla Didone di Susan Graham, dotata di voce estesa, bravissima nel tratteggiare i momenti tragici e prima quelli dell'innamoramento ma penalizzata dal costume che la rende distaccata, troppo fredda e altera. Corey Bix sostituisce all'ultimo minuto l'indisposto Brandon Jovanovich e conquista il pubblico per la voce sicura e il registro acuto squillante. Molto curati tutti gli altri numerosi ruoli, soprattutto il Chorebus di Lucas Meachem di grande maturità vocale e interpretativa. Da citare la Anna intensa e partecipe di Okka von der Damerau, l'Hylas fresco e giovanile di Jonathan Johnson e il Narbal tonante e coinvolgente di Christian van Horn. Il coro della Lyric Opera è stato splendidamente preparato da Michael Black. Precisi gli interventi del corpo di ballo.
Teatro esaurito, pubblico che non si è assottigliato nel corso della lunga recita, applausi numerosi.