I Motus tornano per l’ottava volta al Festival delle Colline Torinesi giovedì 20 e venerdì 21 giugno, con la prima europea dello spettacolo Nella tempesta, che ha debuttato a Montréal, e ora arriva sul palcoscenico delle Fonderie Limone di Moncalieri.
Gli spettatori entrano in sala portando con sé una coperta, perché questo è richiesto dal programma. Tutte le coperte consegnate in tempo reale agli attori diventano parte dell’azione scenica. Partendo dal dramma shakespeariano, con l’aggiunta di dichiarate citazioni dall’attualizzazione della stessa opera da parte dello scrittore e politico francese Aimé Cesaire, i Motus, interpretando scena per scena i vari personaggi, compiono una riflessione sull’origine del potere, sugli oneri che ne comporta l’assunzione e sulla inevitabile contestazione verso chi questo potere lo detiene (nello spettacolo è chiamato “Maestro” e il pubblico si rende subito conto che in realtà ci si rivolge al fascio di luce proveniente dal proiettore piazzato sulla scena, n.d.r.).
Le coperte accompagnano sulla scena gli attori e si trasformano di volta in volta in onde del mare, in rifugi, in scogli (o altre situazioni in cui alcuni interpreti assumono una posizione predominante rispetto ad altri), nella tempesta stessa e perfino in una indelebile citazione dall’opera (“This Island is mine!”, a ricordare al pubblico il momento della rivolta di Calibano, n.d.r.).
Lo spettacolo assume inoltre una doppia valenza metateatrale, nel suo evolversi e sul finale, in quanto gli attori portano avanti l’azione scenica (anche) come se si trovassero in fase di allestimento (grazie all’ausilio di alcuni video), chiamandosi ciascuno con il proprio nome e decidendo di volta in volta quale scena montare.
Si recita anche in inglese, ma la comprensione di riflessioni su temi quali la crisi economica, le contestazioni generazionali, il rapporto tra il Nord e il Sud del mondo, viene favorita dalla presenza di sottotitoli (in italiano, inglese e francese) per tutta la durata dello spettacolo.
Coup de théâtre finale nel momento in cui, attraverso il personaggio di Ariel (lo spirito dell’aria) la riflessione sui nuovi poteri contemporanei arriva a compimento e la compagnia propone al pubblico di alzarsi dal proprio posto, prendere una delle coperte e sistemarsi in un qualsiasi punto della scena, proprio a voler sottolineare uno spostamento, un agire anche nel proprio piccolo per cercare di cambiare le cose (o perlomeno prospettiva). Un abbattimento della quarta parete che non ha entusiasmato proprio tutti i presenti in sala, ma che comunque ha sortito un buon effetto sugli applausi finali, questa volta effettivamente a scena aperta. Sono da citare Enrico Casagrande e Daniela Nicolò per l’ideazione, la regia e la drammaturgia di un lavoro complesso, un po’spiazzante, ma riuscito.
Al termine di entrambe le rappresentazioni, tutte le coperte saranno donate al Gruppo Abele di don Ciotti che le utilizzerà per i propri fini istituzionali, ovvero per soccorrere “le persone che chiedono aiuto e che, per i motivi più diversi, si trovano a vivere momenti di difficoltà nel corso della propria esistenza”.