“Pilade”, il nuovo lavoro di Giorgina Pi insieme al collettivo Bluemotion debutta in prima assoluta a Bologna, prodotto da ERT
Debutta in prima assoluta a Bologna Pilade, il nuovo lavoro dell’artista e attivista Giorgina Pi insieme al collettivo Bluemotion, in scena dal 16 febbraio al Teatro Arena del Sole; lo spettacolo si inserisce all’interno del progetto ideato da Valter Malosti e Giovanni Agosti Come devi immaginarmi, dedicato a Pier Paolo Pasolini.
Pilade nasce dall’invito del direttore di ERT, Malosti, a mettere in scena una delle sei tragedie pasoliniane: Giorgina Pi/Bluemotion, dopo Tiresias, Guida immaginaria e Lemnos, prosegue così la sua ricerca e il suo lavoro di riscrittura e rilettura del mito classico, confrontandosi con la figura di Pilade, a partire dalla tragedia dell’intellettuale bolognese.
Afferma Giorgina P: “Quando Valter Malosti mi ha chiesto di partecipare al progetto Pasolini mi ha colta in un momento di cambiamento. Volevo continuare e approfondire il lavoro sulla riscrittura del mito iniziato con Tiresias e confrontarmi con la possibilità di scritture collettive a partire da testi da far dialogare tra loro. Volevo indagare e imparare ‘la libertà di scegliere o inventare anche le varianti più paradossali del mito che avevano i poeti classici’ – come mi ha sempre insegnato il nostro dramaturg e maestro Massimo Fusillo – ‘lasciando però quel nucleo forte di base, quella coerenza narrativa che ne garantisce la riconoscibilità’. Provare a fare in altro modo quello che avevo imparato negli anni precedenti con le scritture potenti di Caryl Churchill e Kae Tempest”.
Prodotto da Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale - Teatro Nazionale di Genova, in collaborazione con Angelo Mai e Bluemotion, Pilade è un atto poetico e politico, è bellezza e rivolta, è uno sguardo queer che dà voce alla complessità umana.
Pilade: la tragedia del dopo
A partire dalla tragedia di Pasolini prende vita il nuovo lavoro di Giorgina P/ Bluemotion, che per la sua realizzazione sceglie la preziosa collaborazione dello scrittore e dramaturg Massimo Fusillo, il quale nel suo percorso di studioso ha analizzato proprio il rapporto fra Pasolini e la Grecia classica.
Pasolini inventa un quarto capitolo degli Atridi di Eschilo, Pilade, in cui immagina cosa succede dopo che Oreste, assolto dal tribunale dell’Areopago ad Atene, torna ad Argo: questa volta a subire un processo sarà Pilade, contrario al regime ispirato dal culto della dea della ragione Atena, instaurato in città da Oreste. Pilade è una tragedia dolorosa sull’incapacità della democrazia di applicare giustizia ed etica nel sistema capitalistico. Pilade è una tragedia del dopo, dove la temporalità mitica si disgrega.
Nella riscrittura di Bluemotion, Argo è un luogo disperso, un parcheggio dove i personaggi, sempre in scena, si ritrovano dopo un rave poco prima degli anni Duemila e sperimentano la fine di un’era, l’imminente fine del Novecento e l’avvento degli anni Duemila, “la più importante cesura storica delle biografie di un’intera generazione”.
Le Eumenidi di Eschilo qui sono diventate corpi transessuali, il coro è un melting pot di culture e origini, i contadini della tragedia sono diventati lavoratori neri sfruttati.
Gli eroi non sono più capaci di agire, perché tra vittoria e sconfitta non c’è più differenza: dove troverà posto ora la scandalosa diversità di Pilade? - si chiede l’artista e attivista romana.
Pilade, Oreste ed Elettra danzano verso il fallimento condotti da un’Atena stanca di difendere la divina ragione. La diversità scandalosa e non comprensibile di Pilade si delinea nella restaurazione di una mitica e non progressiva temporalità. Il progresso irreversibile diventa eterna ricorrenza e Pilade si trasforma in un’esperienza, quella di una generazione nata dopo la morte del poeta.
“Come tradurre oggi il senso di fallimento che permea questo testo? Siamo in grado, ancora una volta, di parlare di democrazia? Cos’è per noi la fine di un’era?” riflette la regista.
Scrive il dramaturg Massimo Fusillo “[…] Con la sua scandalosa diversità, con le sue contraddizioni ambivalenti, il personaggio di Pilade, dai forti tratti autobiografici, non fa che rappresentare questo tragico fallimento. (…) In Pilade Pasolini decostruisce l’opposizione tra passato arcaico e futuro progressista, e finisce perciò in una sospensione nichilista dei segni, terribilmente autobiografica”.
Sottolinea Giorgina P: “Adoro il ‘terribilmente’ scritto da Massimo, è in quel terribilmente che scelgo di incontrare Pasolini. Dall’oggi, a partire da me e dalla mia generazione. Ho immaginato quindi il ritorno di Oreste e in generale degli eroi della tragedia di Eschilo (Pilade, Oreste, Atena, Elettra) come un ritorno dagli anni Sessanta di figure vicine a Pasolini vivo, alla sua immaginazione, a tratti dei veri suoi alter ego, in mezzo a noi, a persone nate dopo la sua morte. Noi, la nostra generazione, in scena di fronte a lui e a loro. Mettendo però in questo noi, figure più vicine per storia ed estrazione insieme a figure con un quotidiano diverso dal nostro come migranti e rifugiati. Nevrosi borghesi e tradizione degli oppressi restano vive, modificate ma radicate, come la mancanza di opposizione tra vittoria e sconfitta”.
Pilade ci parla di una profezia e ci chiede di considerare il passato un sogno, forse vale la pena tentare di uscire da questa eterna finzione per riprendere a capire e smettere di essere consolati.
Afferma il filosofo spagnolo Paul Preciado: “In determinate circostanze fallire, perdere, dimenticare, disfare, annullare, sfigurare, trasformarsi, possono essere modi di stare al mondo più creativi, più collaborativi e più sorprendenti”; su questo pensiero si fonda un nuovo tipo di ottimismo queer e debordante, che sfugge ai modelli patriarcali, razzisti, competitivi e capitalisti della società contemporanea attraverso processi condivisi di alleanza, transizione, trasformazione, gioia e metamorfosi.
Perché, come scrive Kae Tempest: "Siamo ancora divini. / È questo che ci rende così mostruosi".