Sabato 12 e domenica 13 gennaio si apre il sipario sulla stagione di prosa del Teatro Pergolesi di Jesi promossa dalla Fondazione Pergolesi Spontini, realizzata con l’AMAT e l’Assessorato alla Cultura del Comune di Jesi e con il contributo di Banca Popolare di Ancona.
L’inaugurazione è affidata ad un grande debutto, la prima italiana de La torre d’avorio con Luca Zingaretti, interprete e regista di questo testo di Ronald Harwood che si interroga sul ruolo dell’arte e della sua autonomia in un regime totalitario. La presenza a Jesi dell’attore amato da pubblico e critica non si esaurisce nella presentazione dello spettacolo. La compagnia infatti – che vede in scena accanto a Zingaretti anche gli attori Massimo de Francovich, Peppino Mazzotta, Gianluigi Fogacci, Elena Arvigo e Caterina Gramaglia – è al lavoro in questi giorni al Pergolesi per la residenza di allestimento di questo atteso spettacolo che proprio dalla città marchigiana muoverà i primi passi per una importante tournée italiana.
“La commedia – scrive Masolino d’Amico che ha curato la traduzione del testo - debuttò a Londra nel 1995 per la regia di Harold Pinter e fu ripresa a New York e in molte altre città. Il titolo originale, Taking sides, significa letteralmente “schierarsi”: non un gran che in italiano, meglio comunque di quello appioppato al film di Istvan Szabò del 2001 (con Harvey Keitel e Stellan Skarsgard), A torto o a ragione. Proponendo di renderlo come La torre d’avorio si è voluto alludere alla condizione di orgoglioso isolamento che l’artista crede, forse a torto, di potersi permettere sempre.”
Berlino 1946. È il momento di regolare i conti e la cosiddetta denazificazione – la caccia ai sostenitori del caduto regime – è in pieno svolgimento. Gli alleati hanno bisogno di prede illustri, di casi esemplari che diano risonanza all’iniziativa. Viene così convocato, nel quadro di una indagine sulla sua presunta collaborazione con la dittatura, il più illustre esponente dell’alta cultura tedesca, vale a dire il direttore d’orchestra Wilhelm Furtwängler, universalmente acclamato accanto a Toscanini come il maggiore della prima metà del secolo. Furtwängler non era stato nazista e anzi non aveva nascosto di detestare le politiche del Terzo Reich; era anche riuscito a non prendere mai la tessera del partito. Ma nel buio periodo dell’esodo di molti illustri intellettuali che avevano preferito trasferirsi all’estero piuttosto che continuare a lavorare in condizioni opprimenti, era rimasto in patria, e aveva svolto la sua attività in condizioni privilegiate. Aveva scelto, in tempi durissimi, di tenere accesa la fiaccola dell’arte e della cultura, convinto che questa non abbia connotazione politica; e aveva sfruttato il suo prestigio per aiutare, all’occorrenza, persone perseguitate o emarginate. Si era anche scaricato la coscienza barcamenandosi per esibirsi nel minor numero possibile di occasioni ufficiali; pur di non stringere la mano a Hitler, in una occasione famosa e fotografata, aveva fatto in modo di continuare a impugnare la bacchetta con la destra. Dai suoi compatrioti, quasi tutti melomani, era sempre stato venerato alla stregua di una divinità super partes e anche dopo la fine della guerra nessun tedesco si era sentito di addebitargli alcunché.
Lo spettacolo è prodotto da Zocotoco. Le scene sono di Andrè Benaim, i costumi di Chiara Ferrantini e le luci di Pasquale Mari.
Informazioni e biglietti: biglietteria del Teatro Pergolesi (0731 206888). Inizio spettacoli sabato ore 21, domenica ore 17.