Raramente si ha l’occasione di assistere ad un’opera d’arte nuova, dirompente, di grande bellezza e di significato profondo e molteplice. “Dogville” è una di queste esperienze; un lavoro contro il buonismo imperante, la volgarità diffusa, la banalizzazione totale di ogni prodotto artistico.
“Dogville” è un’opera multimediale innovativa capace di fondere più registri linguistici in bilico tra letteratura, teatro e cinema e in grado di indagare il significato dell’uomo impiegando dei simboli.
Uno studio accurato sul film “Dogville” di Lars Von Trier ha portato Alessandro Alfieri a compilare questa “Dissertatio” filosofica davvero interessante. Il film presentato a Cannes nel 2003 sfonda il confine tra cinema e teatro creando un vero e proprio genere artistico e diventando già per questo un punto di riferimento nell’estetica della visione. La forma è ciò che nell’opera di Von Trier è davvero innovativa anche se il pregio del film non si riduce a questo abbinando una trama fortemente drammatica e altamente filosofica. Evidentemente stimolato, colpito o “scioccato” (sì perché davvero il film ha una potenza dirompente!) Alessandro Alfieri scrive il saggio “Dogville- della mancata redenzione” e vi riporta osservazioni, riflessioni, riferimenti di grande spessore e approfondimento. La sua analisi tratta naturalmente del piano formale di espressione analizzando la scelta registica di ambientare il film tutto su un’unica superficie senza barriere, come fosse un palcoscenico, con spazi delimitati solo da segni tracciati a terra con un gesso; Alfieri speiga i meccanismi e le conseguenze di questa scelta scenografica mostrando come tuttavia risultino drammaticamente profondi e separati gli ambienti e i confini tra i luoghi delle azioni e i tra personaggi. L’autore del libro non trascura tutti i riferimenti stilistici di congruenza tra questo film e il linguaggio teatrale con evidenti richiami a Brecht e alla sua idea di teatro. Ma l’analisi di Alfieri si spinge oltre e arriva fino ai fondamenti del significato dell’opera in bilico tra sogno, allucinazione, dramma teatrale, parabola sull’esistenza. Il personaggio di Grace la protagonista interpretata da Nicole Kidman assume il ruolo fondamentale di vittima per poi trasformarsi in carnefice opponendo il perdono alla forza nella concezione di poter identificare e separare il bene e il male. La sua resa però è obbligata e giunge alla fine nella vendetta liberatoria, nell’accettazione del male come parte integrante dell’uomo e nell’ambiguità stessa del concetto di bene. Si giunge così nel cuore del tema della libertà dell’uomo ma anche dei suoi limiti in quanto essere finito e peccatore, si arriva alla riflessione ultima sull’esistenza del male come inestinguibile nel mondo degli uomini. L’epilogo drammatico e distruttivo fonda e giustifica l’essere umano nella sua finitezza e il limite nella sua invalicabilità. Si tocca l’argomento della differenza tra il divino e l’umano, nella rappresentazione dell’inevitbile fallimento che il tentivo di Grace di porsi al di sopra del limite comporta. La storia di Dogville, come ben sottolinea l’autore del saggio, assume l’andamento tipico della tragedia greca di un tentativo di sovvertire l’ordine del mondo umano che si conclude con la distruzione della città in una catarsi cosmica finale.
“Affinché l’uomo possa avere rispetto do sé,-si legge all’inizio del libro- deve essere capace di diventare anche malvagio” da una frase di Friedrich Nietzche.
L’opera di Von Trier è un assoluto capolavoro cinematografico e teatrale, il saggio di Alessandro Alfieri è strumento indispensabile per apprezzarne appieno tutte le sfumature intellettuali e culturali.
DOGVILLE Alessandro Alfieri
Caravaggio Editore 2008
Pagg. 125 Euro 10,00
Teatro