“Il palcoscenico si salverà solo grazie al teatro amatoriale” diceva Jean Vilar, pensandolo non solo come una grande fucina di idee e di qualificati interpreti, ma anche di competenti spettatori che ogni sera riempiono le platee dei teatri. Quelli cioè che non solo siano in grado di comprendere la trama, ma anche di cogliere elementi della regia, particolari della costruzione del carattere del personaggio e altre sottigliezze del mestiere. Dello stesso parere sembrano essere anche gli organizzatori della rassegna nazionale del teatro amatoriale “Camminando attraverso la voce” la cui settima edizione, già per la seconda volta, trova accoglienza presso il Politeatro di Milano. «La nostra idea è certamente quella di dare voce e visibilità a chi fa teatro per passione. Ma non solo. Siamo convinti che questo tipo di manifestazione sia un’ottima occasione per avvicinare in modo originale e divertente il pubblico di periferia a questa forma d’arte, a volte considerata un po’ elitaria». Parola di Luigi Ariotta, il direttore artistico della manifestazione che da ottobre a maggio ospiterà otto compagnie provenienti da varie regioni del paese.
«I gruppi che saliranno sul palco sono stati selezionati dopo un’attenta visione di più di 150 dvd da parte della giuria presieduta da Ombretta De Biase, drammaturga e regista teatrale, e costituita da sette esperti del settore» continua Ariotta, che al festival rappresenta l’Uilt (Unione italiana libero teatro) di cui è il consigliere nazionale. «Molte volte dare la preferenza a uno piuttosto che all’altro è stato davvero difficile. Ma, potendo dare lo spazio solo a uno spettacolo al mese, l’abbiamo dovuto fare e vi posso assicurare che le compagnie che vedrete sono davvero le migliori».
Dunque, niente professionisti per tutta la durata del festival. Ma non è il caso di lasciarsi condizionare da questa “restrizione”. Il teatro amatoriale di oggi non è più quel “gruppo dell’oratorio” che molti si ricordano ancora. Tanto è vero che non di rado capita di vedere sul palco dei cosiddetti dilettanti che non hanno nulla da invidiare a coloro che lo fanno per lavoro. Forse perché, rispetto al passato, avvicinarsi all’arte teatrale è diventato molto più semplice. Numerose scuole offrono corsi di tutti i livelli e frequentarli è diventato ormai d’obbligo anche per chi vuole fare teatro solo per passione. «In più» aggiunge Ariotta «laddove gli attori lo fanno per diletto il teatro da sempre ha un grande vantaggio. Può permettersi di far recitare le persone senza porsi dei limiti in termini numerici (che oggigiorno è considerato un lusso). E questo spesso fa ritrovare sul palco quell’atmosfera di magia e di allegro gioco che sempre più di frequente viene tralasciata per una serie di motivi».
Ricordiamo anche che il teatro amatoriale da sempre si presta molto per gli ambiziosi chi mirano in alto. La compagnia torinese “Tedacà”, vincitrice della rassegna di due anni fa, ne è un esempio. «Me ne sento particolarmente fiero perché ci teniamo molto a dare lo spazio a persone di talento» conclude Ariotta orgoglioso.
Ma anche se questo passaggio non accade, nessun problema. Perché quello di cui un amatore sente un vero bisogno è recitare. Tanto meglio se non davanti a una platea vuota.
Per info www.camminandoattraversolavoce.it, www.ilpoliteatro.org