Il saluto affettuoso di Teatro.it a Gianrico Tedeschi, uno dei più longevi interpreti del teatro italiano.
Gianrico Tedeschi si è spento serenamente nella sua casa di Pettenasco, sul lago d’Orta. Classe 1920, lo scorso 20 aprile aveva festeggiato il suo centesimo compleanno insieme alla moglie, l’attrice Marianella Laszlo, ricevendo gli auguri dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Se n’è andato portando con sé la grande professionalità che i palcoscenici di Italia e d’Europa hanno potuto apprezzare in tutti questi anni. E sono tanti: più di sessant’anni tra teatro, operetta, cinema e quella radio-televisione della grande prosa che oggi non fa più audience.
Una strada già segnata
La sua strada era già segnata, prima ancora di esordire: a dodici anni, in una Milano che non aveva conosciuto ancora il buio della guerra, si reca con il padre a vedere Spettri di Ibsen e in scena c’è un gigante di nome Ermete Zacconi. Colpo di fulmine, dunque, di quelli che ti stregano per la vita. Prendere o lasciare, insomma. E il piccolo Gianrico prende a piene mani. Ma c’è la guerra, la deportazione a Sandbostel, sì proprio il campo militare di Radio Caterina, Giovanni Guareschi e Alessandro Natta dove recita per gli internati brani di Pirandello, e infine il ritorno.
Nel 1948, non ancora diplomato all’Accademia d’Arte Drammatica si ritrova già al fianco di mostri sacri come Renzo Ricci e Ruggiero Ruggieri in un Edipo Re che, dall’Olimpico di Vicenza, arriverà fino a Parigi e Londra. Poi, l’ingresso nella Compagnia di Gino Cervi e Andreina Pagnani. Da quel momento una carriera in crescendo, che lo vede mettersi alla prova in ogni campo: la rivista con Anna Magnani, la commedia con Ugo Tognazzi, la commedia musicale con Renato Rascel, Delia Scala e Memmo Carotenuto.
Rispettare e custodire la memoria
Gianrico Tedeschi è sempre stato un professionista sensibile e rigoroso, che ha lavorato con disciplina e onestà intellettuale. Il passato gli ha regalato l’incontro perenne con i grandi del teatro, il presente invece un continuo confronto con i giovani, attori e registi, come Lucia Calamaro e Alberto Onofrietti con il quali era in scena in Farà giorno (2014). Sempre negli ultimi anni, non sono mancati Ronconi, Branciaroli e Maccarinelli.
Tuttavia è ai giovani che Gianrico Tedeschi ha lasciato il monito più importante, uno di quelli che riguarda la vita e l’arte insieme.
Lui, che negli ultimi tempi faceva fatica con la memoria a breve termine, ma che non aveva mai dimenticato la guerra, la prigionia e la privazione della libertà, amava ripetere alle nuove generazioni - che incontrava nelle scuole come nei teatri - che è la memoria il nostro bene più importante. Altro non c’è. Va rispettata, cercata e soprattutto custodita.