A gennaio due creazioni del celebre coreografo e artista visivo ungherese Josef Nadj nei teatri ERT
ERT - Emilia Romagna Teatro dedica una personale al celebre coreografo e artista visivo ungherese Josef Nadj, inserita all'interno della nuova rassegna di danza di ERT, Carne, il focus sulla drammaturgia fisica curato da Michela Lucenti.
Due gli eventi in scena: Omma, il lavoro più recente dell’eclettico coreografo, con uno straordinario gruppo di artisti africani, in scena all’Arena del Sole di Bologna e al Teatro Bonci di Cesena - uniche date italiane nella stagione 2022-23, e il progetto fotografico e performativo Mnémosyne in scena a Bologna.
GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA
Omma e Mnémosyne: la danza come luogo di incontro
L'artista visivo e coreografo, punto di riferimento per la danza contemporanea a livello internazionale, in Omma presenta un suggestivo affondo sulla genesi dell’umanità fin dalle origini del movimento, affidato a otto straordinari danzatori africani che mettono a confronto una grande freschezza interpretativa con le regole della coreografia europea.
Omma, che Nadj ha presentato nell’estate 2021 alla Biennale di Venezia, è un sunto del credo del coreografo: la fortissima fisicità impressa dagli otto danzatori provenienti da più aree del continente africano - Mali, Senegal, Costa Ivoriana, Burkina Faso e Congo, esprime un movimento senza tempo, un movimento come esperienza di scambio, che mantiene un voluto e inconscio significato rituale.
Un lavoro incentrato sull'essenza dell'essere umano, un viaggio alle radici della danza in cui essa stessa è lingua universale nata insieme all’umanità, strumento primordiale capace di farci ritrovare le origini stesse dell’umano.
L'antico termine greco Omma qui assume un nuovo significato: “occhio” ma anche "ciò che è visto o guardato”: un invito a tenere svegli e reattivi tutti nostri sensi, ad essere aperti a cogliere ciò che accade.
Pochi coreografi hanno impresso un segno così autentico e potente alla scena come Josef Nadj - anche se chiamarlo coreografo potrebbe apparire riduttivo: è un artista a tutto tondo, che parallelamente alla danza, ha sviluppato un percorso come artista visivo e fotografo; in Mnémosyne i due ambiti si fondono, dando vita a una performance integrata in una mostra fotografica.
È in un piccolo spazio chiuso e buio che “accade” Mnémosyne, in una camera oscura in attesa dove il visitatore diventa spettatore di una breve performance di rara densità, in omaggio all’Atlante incompiuto dello storico dell’arte tedesco Aby Warburg.
«Concepire la danza soprattutto come luogo di incontro»: così Josef Nadj definisce il proprio lavoro.
Nadji anima una conversazione intima con il visitatore, instaurando una relazione speciale tra il corpo, lo sguardo e il luogo che la ospita.
Josef Nadj, artista poliedrico ed eclettico
Coreografo di origine ungherese - ma francese d’adozione, performer, artista visivo e fotografo, Josef Nadj è nato a Kanjiza, in Vojvodine, regione di lingua ungherese della ex-Jugoslavia, dopo la formazione alla Scuola di Belle Arti di Budapest nel 1980 si stabilisce a Parigi, dove studia mimo, tai-chi, buto e scopre la danza contemporanea, lavorando con Sidonie Rochon, Mark Tompkins, Catherine Diverrès e François Verret.
Nel 1986 fonda la sua compagnia, che debutta l’anno successivo con Canard Pékinois, spettacolo ispirato al ricordo del paese natale di Nadj, che lo fa conoscere a livello internazionale per l’inconfondibile cifra stilistica fra tradizione e modernità, tra sogno e realtà, capace di creare universi scenici immaginifici e grotteschi - dove teatro e danza si mescolano, e caratterizzata da una sorprendente libertà del gesto e un costante desiderio di sperimentare nuove forme.
Seguono creazioni in cui Nadj esplora testi di Beckett, Kafka, Michaux, collabora con artisti visivi come Miquel Barceló e musicisti come Akosh Szelevényi, Joëlle Léandre. Dal 1995 al 2016 è direttore del Centre Chorégraphique National d’Orléans.
Tra le sue maggiori opere: Petit psaume du matin (2001) Les philosophes (2002, omaggio a Bruno Schulz), Journal d’un inconnu, Il n’y a plus de firmament (2003), Poussière de soleils (2004), e Last Landscape (2005), nata dalla collaborazione con il celebre percussionista Vladimir Tarasov.