Teatro

Gaia Aprea: Polly è la realizzazione di un sogno

Gaia Aprea: Polly è la realizzazione di un sogno

“È un sogno che si avvera! Era da bambina che desideravo interpretare l’ “Opera da tre soldi” nel ruolo di Polly ” . Chi parla, sgranando due bellissimi occhi felini e sorridendo con i suoi smaglianti 32 denti,  è Gaia Aprea, attrice-icona del regista dell'attesissima nuova versione del capolavoro brechtiamo Luca De Fusco, il “direttorissimo” del Napoli Teatro Festival e dello Stabile di Napoli, che coproducono lo spettacolo. Nel ruolo della protagonista quindi, l’Aprea affiancherà Makie Messer-Massimo Ranieri, suo marito in scena, ed avrà come antagonista nientemeno che Lina Sastri, che invece sarà Jenny. La sua solarità, nonostante la stanchezza per le prove stressanti e per l’impegno non indifferente, è sempre quella dell’interprete del giovane Jim, il protagonista de “L’Isola del tesoro”, ruolo che la vide impegnata, qualche anno fa, nella versione musical del celeberrimo romanzo di Stevenson. Con Jim ha in comune l’entusiasmo fanciullo e la grande voglia di avventura che negli anni l’hanno vista con successo interpretare ruoli impegnativi nei testi di autori quali Ford, Shakespeare, Pirandello e Goldoni.

Ora è al suo primo Brecht. In che modo approccia il teatro del maestro, teorico dello straniamento?
Non sono un regista, sono un’attrice, cioè una che agisce, posso, quindi, avere delle idee, delle opinioni, ma poi il mio personaggio lo scopro sempre interpretandolo. Mai  come questa volta, a proposito dello straniamento brechtiano, gli si può dare una definizione ma poi, è una volta salita sul palco, per le prove, che scopro davvero cosa in realtà esso sia. C’è in effetti una necessità di non approcciare il personaggio dal punto di vista psicanalitico, mentre , al contrario, c’è la necessità di avere allenamento ai cambi repentini. Quello che voglio dire, e a questo punto delle prove, probabilmente, non è ancora del tutto definita la mia idea, è che non bisogna interpretare questi personaggi, e nel mio caso Polly, come se si stesse solo declamando, in maniera fredda, guardandolo dal di fuori. Brecht da delle indicazioni precise all’attore, in quanto da battuta a battuta gli stessi personaggi cambiano, dicono delle cose talmente opposte tra loro. Lo straniamento nasce dal fatto che apparentemente sei staccato da te stesso perché quello che dici è in contraddizione, ma l’esercizio dell’attore è, al contrario, dire come cosa assolutamente vera sia la frase precedente che la successiva, anche se sembrano contraddirsi.

Proprio il personaggio di Polly è quello che presenta più cambiamenti di carattere nel corso dell’opera.
Certo, ma anche quando appare come una bambolina in realtà poi si mostra attaccata ai soldi, ma nemmeno può essere definita come un’ approfittatrice. Brecht, nelle sue note, scrive una pagina molto dettagliata per definire il personaggio del padre di Polly, Geremia Pitchum, e poi, in maniera un po’ rude, scrive “l’attrice che interpreterà Polly farebbe bene a leggersi la pagina che io ho appena scritto, perché è sua figlia”. Tra le altre indicazioni che da nei suoi quaderni, è che ogni personaggio non deve mai dimenticare che sono contemporaneamente quello che stanno raccontando ma anche quello che racconteranno alla fine dello spettacolo. Tutto ciò, secondo me, non ha nulla, però, a che vedere con una freddezza interpretativa, anzi ritengo ci voglia un grandissimo allenamento, una sorta di ginnastica dei sentimenti, una ginnastica emotiva, che ti permette di passare dal bianco al nero in zero secondi.

Cosa l’ha fatta innamorare del personaggio di Polly?
Innanzitutto la mia grande passione per il canto. Quale occasione, quindi, migliore per un teatro scritto proprio per un’attrice che canta? Sulla parte musicale stiamo lavorando proprio in questi giorni anche con Massimo Ranieri, che è un attore ed un cantante straordinario, ma certo questo lo sapevo e ne ho conferma ogni giorno  in palcoscenico, ma è anche un uomo molto generoso, cosa veramente rara da trovare. Dopo la preparazione tecnica delle canzoni, con tutta la parte musicale studiata in maniera precisa, ora bisogna cercare di “distruggere” questo lavoro di impostazione vocale giusta, di quadratura musicale perfetta, perché tutto acquista senso solo se nasce da una verità interna, perché, paradossalmente, parlando sempre di straniamento, comunque non si può prescindere dalla verità: una verità cosciente, non obnubilata dalle lacrime, da sentimenti che ti rendano impossibile la percezione di ciò che sta accadendo. Ogni “song” è composta sempre dalla stessa strofa ripetuta tre volte con parole diverse, e questa è una chiara indicazione da parte di Weil e Brecht, non si possono ripetere allo stesso modo, deve esserci un percorso nel racconto.

Se dovesse indicare le tappe fondamentali per la sua carriera, quali sceglierebbe?
Senz’altro una è la “Trilogia della Villeggiatura” di Goldoni in cui ero Giacinta, un Goldoni stratosferico, incredibile ed inaspettato per il tipo di indagine sociale, e poi un’altra cosa alla quale sono molto affezionata, che per me è stata fondamentale, e che porterò in scena a Napoli al Ridotto dello Stabile, è “Giovanna D’Arco”, un monologo scritto da Marialuisa Spaziani, un personaggio al quale sono molto legata perche è tra quei personaggi che puoi rivisitare anche a distanza di anni, perché Giovanna racconta la sua storia a posteriori, dopo che è successo tutto. È stata la prima volta che ho affrontato un monologo, io non sono un’attrice monologante, amo il contatto con gli altri, essere in rapporto con altri attori in scena, ma senza dubbio Giovanna mi ha dato anche una forza, mi ha dato la consapevolezza di cosa vuol dire avere completamente sulle proprie spalle uno spettacolo dall’inizio alla fine.

Le sue paure maggiori nell’affrontare questa “Opera da tre soldi”?
Tantissime! Non dormo più la notte. Ho paura, ad esempio, di non esserne all’altezza, nella dimensione di ciò di cui parlavamo prima, cioè non riuscire ad arrivare al nocciolo della questione, almeno mi auguro di sfiorarlo. È facile lasciarsi fuorviare, credere di aver risolto il personaggio, quando in realtà c’è ancora moltissima strada da fare. Per non parlare poi del terrore di essere accanto a due “mostri” quali Massimo Ranieri e Lina Sastri. Sono terrorizzata.

Ha incontrato la prima Polly italiana, Giulia Lazzarini?
Conosco la Lazzarini, che con Annamaria Guarnieri è sempre stata una delle attrici riferimento per me. Non l’ho però incontrata per “L’Opera da tre soldi” , non avendone purtroppo avuto occasione, però ho visto tutti gli spezzoni di Strehler che sono in archivio, e colloco la sua interpretazione molto precisamente. Anche in altri personaggi ho tentato di “imitarla”, anche perché credo che in teatro non ci sia nulla di male a “copiare”: si nasce da quello, poi magari, se ci si riesce, si aggiunge qualcosa di proprio.

Ora che si realizza il suo sogno di essere Polly, quale sarà quello successivo?
Ah, non lo so. Di sicuro ciò che viene dopo è sempre più bello, ma ora, pur essendo distrutta dalla stanchezza, sto vivendo il periodo più bello della mia vita.