Si aprirà a gennaio 2015 la nuova stagione del Teatro Marrucino di Chieti e proseguirà fino ad aprile con un cartellone che si amplia negli orizzonti spaziando dalla commedia agli spettacoli musicali, dalle rivisitazioni dell'Otello alla rievocazione di Oscar Wilde, ai rapporti di coppia da teatro dell'assurdo o da dramma.
E tra le novità, c'è il nome del Responsabile del cartellone relativo alla prosa che adesso è il M° Germano Mazzocchetti.
Nato nella vicina Città Sant'Angelo e dal curriculum ben noto per aver fatto incetta (tra docenze musicali, concerti e direzioni artistiche) di premi derivati dalla collaborazione agli spettacoli della maggior parte dei più grandi registi e attori che il panorama teatrale italiano a cavallo tra i due secoli possa vantare, Mazzocchetti, stamani, insieme al Direttore Artistico del Teatro Marrucino Ettore Pellegrino ed a membri del CDA della Deputazione teatrale teatina, ha presentato il cartellone in partenza.
Il sipario si alzerà, quindi, il 17 e 18 gennaio sulla stagione teatrale teatina con l’omaggio alla canzone romana tradizionale “Semo o nun semo” del Premio Oscar Nicola Piovani. Lo spettacolo, nato nel 2003 rispettando negli arrangiamenti lo spirito originale dei brani, è dedicato ad un pubblico incuriosito dal poter vivere un paio d'ore ascoltando una musicalità che si sentiva nelle antiche strade di Roma. La struttura drammaturgica, di Pietro Piovani, collega brani di Romolo Balzani, Ettore Petrolini, Armando Trovajoli e di Nicola Piovani. Sul palco i musicisti dell'Ensemble Aracoeli e interpreti come Massimo Wertmüller, Donatella Pandimiglio e Pino Ingrosso.
Il 7 e 8 febbraio sarà la volta di “Oscar”, un testo a cura di Masolino D’Amico che non è semplicemente un monologo su Oscar Wilde. Uno spettacolo originale, che ha debuttato al festival estivo di Borgio Verezzi, in cui i testi immortali dell’autore e poeta irlandese si uniscono alle musiche di Germano Mazzocchetti e con proiezioni che interagiscono costantemente con il poliedrico attore in scena, Gianluca Guidi. La regia è di uno degli attori più in vista del panorama italiano, Massimo Popolizio.
Il 21 e 22 febbraio si proseguirà con gli Oblivion in scena con “Othello, l’h é muta”, uno show di novanta minuti in cui, oltre a cantare, recitano e si dirigono. Demoliranno a colpi di grottesca ironia sia l’”Otello” di Shakespeare che quello di Verdi. Al loro fianco sul palco il Maestro Denis Biancucci, sesta entità in questo delirio teatrale, accompagnandoli al pianoforte e ingaggiando con loro anche un esilarante match a colpi musicali tutti dal vivo. La consulenza registica è di un nome noto del teatro italiano, Giorgio Gallione.
“Totò e Vicè”, in scena il 07 e 08 marzo, è un testo del drammaturgo palermitano Franco Scaldati che si carica della forza scenica dei due interpreti Enzo Vetrano e Stefano Randisi. E’ disegnato sulla figura di due clochard sopra le righe che nel dialogo sciolgono temi da dissertazione filosofica in una dimensione liminare, quasi onirica. Il teatro di Vetrano e Randisi ha una profonda ricerca nelle radici della parola teatrale, con un forte senso dell’indagine esistenziale – celebri i loro Pirandello – e dunque non potevano non incontrare le parole di queste drammaturgie amorose e vibranti, intrise di pensiero che s’interroga e, nel paradosso, indaga.
Il 21 e 22 marzo, per la regia di Nicola Pistoia, sarà la volta di “Ben Hur”, uno degli spettacoli più amati degli ultimi anni, molto apprezzato da critica e pubblico. Un perfetto mix di risate, pensieri, emozioni e cattiveria, nato dalla penna di Gianni Clementi con l’interpretazione della collaudatissima coppia Triestino-Pistoia e con Elisabetta De Vito. Lo sfondo è Roma, città di cui lo “straniero” oggi è sempre più parte. In “Ben Hur” ha le vesti di un ingegnere bielorusso che irrompe con il candore di chi spera in un futuro migliore, e che, con la forza di uno tsunami, rivitalizza il grigio percorso di due fratelli costretti ad una grigia convivenza coatta.
La stagione si concluderà l’11 e 12 aprile con “Se’ nummari”, respiro di una tragedia antica, potenza del dialetto e della quotidiana banalità del male. In “Se’ nummari” l’atto unico di Totò Rizzo, prodotto dallo Stabile di Catania, si consuma, anzi si svela – letteralmente – grazie ai piccoli sipari di tulle a percorrerne la scena, una storia ancestrale e attualissima, senza maschere né infingimenti. Così, sotto un velo assai sottile da lacerare, irrompe la vicenda di una coppia scagliata nell’abisso del più esecrando dei crimini da una vincita alla lotteria. E il mantra di quei “se’ nummari” terribili risuona sinistro e ossessivo già prima della rappresentazione. Ed è proprio lungo questo espressionismo, reso dagli attori Filippo Luna e Valeria Contadino che la regia di Vincenzo Pirrotta, seguendo una direzione cara alla sua drammaturgia, lascia il segno tangibile di un parossismo tanto nei gesti quanto nella parola recitata.