Teatro

Giammusso e la sua 'lezione' di teatro

Giammusso e la sua 'lezione' di teatro

Presentato Martedì 27 Gennaio 2009, presso il Teatro Piccolo Eliseo di Roma, con un incontro/lettura ospitato da Vincenzo Monaci - che ha introdotto i presenti, invitando l’autore a scrivere in futuro anche della situazione critica del teatro italiano contemporaneo - “Per Ecuba! Frammenti di un discorso teatrale” di Maurizio Giammusso, edito da Bulzoni, è un testo vario ed interessante che introduce alla realtà del teatro, mostrandocela da più angolazioni. Si tratta di un volume leggibilissimo, non accademico né rivolto esclusivamente agli addetti ai lavori ed è proprio questa la sua particolarità. Prendendo come titolo un verso famoso dell’Amleto, che allude all’arte dell’attore, l’autore riunisce una ricca serie di articoli, creando una sorta di “galleria di artisti” che da una parte offrono il loro profilo artistico, dall’altra l’immagine più intima della loro personalità. Parte del libro presenta lunghe interviste e saggi brevi sui grandi protagonisti della scena italiana e internazionale, mentre una selezione di recensioni, vede l’apogeo e l’inizio del declino dell’avanguardia, accanto alle ultime espressioni della più consolidata tradizione. I primi articoli risalgono a quando Giammusso era giovanissimo, all’epoca in cui collaborava per un mensile che ora non viene più pubblicato ed anche questo garantisce la varietà dei soggetti a cui si è interessato l’autore in questo lungo arco di tempo. Tullio Kezich, che ha curato la prefazione del libro, ha introdotto ai presenti il lavoro dell’autore intrattenendoci con un lungo ed interessante discorso sulle possibilità di approcciarsi in modo critico ad uno spettacolo teatrale. Ha accennato all’usanza che c’era fino a qualche tempo fa, di parlare solo del testo o della regia, dedicando all’attore solo qualche aggettivo sbrigativo di commento. “Ma un attore può cambiare il senso di un personaggio e il senso della commedia” ha affermato. “A me è sempre piaciuto interessarmi dell’attore, ne ho sempre subito il fascino: equivale al sacerdote della mia religione! “Per Ecuba” è in un certo senso un invito, proprio a soffermarsi sull’arte dell’attore”. Kezich ha raccontato anche svariati aneddoti su alcuni grandi interpreti del teatro italiano ed il loro rapporto coi personaggi che si trovavano a rappresentare. Presente anche l’attrice Giuliana Lojodice, ora in scena al Teatro Eliseo con un testo ispirato a La Metamorfosi di Franz Kafka, la quale ci ha regalato una lettura di alcuni estratti del libro. Ma ciò che più poteva interessare in modo particolare a noi di Teatro.org, era senz’altro il punto di vista e l’intento particolare di Maurizio Giammusso in questo lavoro. Glie lo abbiamo chiesto in un’intervista. "La prima cosa che sarei curiosa di sapere è se lei va molto spesso a teatro…" "Beh, nei 17 anni in cui ho collaborato con il Corriere della Sera seguivo mediamente 200 spettacoli l’anno… Attualmente vado comunque molto a teatro, anche per l’Ansa e ne seguo circa 80 l’anno". "Tenta mai di scoprire compagnie emergenti o piccoli spazi teatrali?" "Sì, certo, il mio stesso mestiere lo richiede perché sono uno spettatore professionista!" "Concorderà con me nel constatare che negli ultimi anni, tanti giovani si “improvvisano” attori ed il panorama del teatro italiano è in un certo senso “sovraffollato” di compagnie mediamente poco conosciute e pochi grandi nomi che dominano gli spazi teatrali più grandi e noti e possono contare su un pubblico affezionato. Visto che il suo libro si incentra sulla figura dell’attore, vorrei sapere lei cosa pensa di questo fenomeno. Quali ritiene siano i pro e i contro e, se dovesse esprimersi in tal senso, lo incoraggerebbe o scoraggerebbe?" "L’idea di fare teatro è un diritto inalienabile, questo è certo e persino il teatro fatto male, il teatro “brutto” ha diritto d’esistere! Ma non si può, poi, avere la pretesa di ricevere attenzione dal pubblico o dalla stampa". "Lo stesso vale per il ruolo del “critico teatrale”. Sono in tanti ad avere il desiderio di scrivere ed esprimere un proprio giudizio sull’arte. La nostra testata riceve frequentemente richieste di nuovi collaboratori, talvolta anche pluri-laureati, con una buona preparazione e con qualche esperienza all’attivo, sebbene giovanissimi. Ma emergere in questo settore è ancor più difficile e ci si riversa sul web proprio perché non si può trovare spazio sufficiente sulle testate cartacee più vendute in Italia. Cosa suggerirebbe a tutti questi “aspiranti critici”?" "Questo è un problema un po’ più complesso, che riguarda il giornalismo in generale e dipende in buona parte anche dalle facoltà universitarie sorte negli ultimi anni... Quindi, in generale chi vuole scrivere, si trova anche a fare critica teatrale ma a volte senza la dovuta competenza e personalmente credo che la critica teatrale in Italia sia morta 30 anni fa: i giornali ormai non la ospitano più e non ci si può fare l’illusione di trasformare questa attività in una professione vera e propria. Sicuramente, quello che consiglio e di andare tanto a teatro ma se possibile anche di viverlo in prima persona". Laura Mancini