Si stanno svolgendo in questi giorni a L'Aquila, le prove per il debutto del nuovo allestimento del Teatro Stabile d’Abruzzo, “Igiene dell’assassino” di Amélie Nothomb, adattamento e regia di Alessandro Maggi, scene e costumi di Marta Crisolini Malatesta, musiche di Antonio Di Pofi, luci Valerio Tiberi, che vede nel ruolo dei protagonisti Eros Pagni (Premio ETI nel 2006 e Premio Gassman nel 2008) e Federica Di Martino (Premio ETI nel 2006 e già protagonista di successo dello spettacolo “Scene da un matrimonio” sempre del TSA).
Lo spettacolo, coprodotto con la Fondazione Campania dei Festival-Napoli Teatro Festival Italia, debutterà in Prima Assoluta l’8 giugno, alle ore 21:30, al Teatro Nuovo di Napoli, nell’ambito della Rassegna Internazionale Napoli Teatro Festival Italia.
Il romanzo “Igiene dell’assassino”, di Amélie Nothomb, uscì nel 1992 e diventò immediatamente il caso letterario dell’anno. Un’intervista apparentemente come altre, tra il premio Nobel per la letteratura Prétextat Tach, interpretato con straordinario vigore da Eros Pagni, e la giovane giornalista Nina, interpretata da Federica Di Martino, si trasformerà via via in un percorso che ha le caratteristiche avvincenti del giallo.
“La sfida – spiega il regista Alessandro Maggi - consiste nel realizzare un finissimo gioco dialettico in cui i due attori mettano in scena personaggi che mutano secondo la mossa scacchistica del momento, con un obiettivo di disvelamento della verità da parte di Nina, e quindi di vendetta, da un lato, e con un fine di fagocitazione di un soggetto degno del desiderio del modello-Tach dall’altro.
Quando diventa possibile allestire uno spettacolo su testi contemporanei è sempre un momento importante, che è sintesi di vivacità, ma anche di apertura intellettuale e lungimiranza di chi mostra interesse alla rappresentazione di parole che nascono oggi. Parole, sì: come spesso dice la Nothomb, lei “partorisce” le sue opere, come se fossero davvero figli di carta, lasciando tracce in ogni suo romanzo di qualcosa di autobiografico. In questo senso, lo spettacolo si svolge come un vero e proprio confronto tra eserciti di parole, una sorta di arena in cui i personaggi si confrontano in un susseguirsi serrato di battute, fino al progressivo svelamento della realtà, attraverso lo scandaglio psicologico dell'intelligenza e, soprattutto, di quell'arte giocosa e lieve che è la scrittura. Leggerezza, sì, perché la Nothomb è capace di esprimere spesso concetti profondi con l’arte di chi sa anche provocare il riso, sono diversi i passaggi che destano ilarità. Al tempo stesso, il dialogo è parente prossimo dell’interrogatorio: “Altro non è che una forma privilegiata di tortura”, è la stessa Nothomb ad affermarlo. Questo è uno spunto fondamentale per la messinscena.
Prétextat Tach vive in uno stato di stallo. Il suo tempo è fermo, il suo ultimo romanzo pubblicato è incompiuto. Anziché optare per una scenografia che fosse lo squallido appartamento di un uomo profondamente polemico che non ha alcuna cura né del suo aspetto, né della sua arte, si è preferito, puntualizzare l’aspetto mentale dando la sensazione di un interno attraverso 2 pareti a 90 gradi volutamente in disequilibrio, sommerse da mobili e oggetti che non hanno alcuna personalità. Pareti che ricordano un libro aperto, il suo Libro. Il pavimento è un foglio/tappeto scritto a macchina, disteso sul palcoscenico”.