Sembra una stanza di quelle di un tempo: piene di mobili, arredi e porte segrete, l'ambiente scenografico in cui si apre e si dipana Un giorno tutto questo sarà tuo, drammaturgia e regia di Davide Iodice, spettacolo in scena nell'ambito della quinta edizione del Napoli Teatro Festival Italia, direttore Luca De Fusco. Uno spettacolo che si basa sul laboratorio Figli che si è svolto dall'ottobre 2011 al marzo 2012, in cui Davide Iodice ha messo a confronto teatrale gli attori - ballerini della sua compagnia teatrale insieme ai rispettivi genitori.
Un’ idea originale che, sulla spinta del raffronto generazionale tra padre e figlio tendente alla costruzione di una “drammaturgia del vissuto”, come afferma lo stesso Iodice, ha ottenuto un risultato, a nostro avviso, anche superiore alle iniziali intenzioni.
Attraverso l'essenziale e moderna gestualità dei figli/attori/ballerini, la plasticità dei loro movimenti, emblema di un linguaggio del corpo ancestrale ma riconquistato attraverso la modernità, e i racconti dei padri che, come antiche fabule, pescano nel passato della nostra contemporaneità, si compone una scacchiera della memoria che da personale si trasforma in collettiva. Così ci vengono restituiti i grandi fatti dell'ultima storia dell'Italia, come la strage di Piazza Fontana del 12 settembre 1969, la rivendicazione femminista, con le sue emblematiche filastrocche da corteo del tipo: la notte ci piace uscire in pace, o l'orrore dell'ultima guerra mondiale raccontata da una madre come si raccontano i cunti intorno al focolare. E se da un lato ci sembra di sfogliare un unico, coinvolgente racconto, dall'altro la sapienza drammaturgica e teatrale di Iodice (il regista non dimentica la lezione di Leo De Berardinis, Carmelo Bene e Carlo Cecchi, con i quali ha lavorato, dopo essersi diplomato all'Accademia Silvio D'Amico) ci permette di assistere ad uno spettacolo in cui la “vita” si fa “scena teatrale”, non finzione, in cui il principio della spettacolarità viene rispettato ma si pone al servizio della poesia drammaturgica, della levità e della sintesi dell'architettura teatrale, pur nella sua pregnanza. Così ragguardevole è il confronto tra la pratica scenica dei figli e la genuinità dei genitori, che dall'alto dei loro mondi, delle esperienze vissute, si comportano da attori consumati affascinando l'uditorio con le storie che raccontano. Uno spettacolo di grande interesse e bellezza oltre che, come si diceva, di notevole ricaduta poetica.
In esso non mancano riferimenti ai miti come le Parche che arrivano intrecciando il filo della morte e della vita, dopo il racconto della strage di Piazza Fontana, lo sconquasso della bomba e l'eccidio riportati sulla scena in una sorta di caos magmatico, mentre uno dei padri legge la lista degli scomparsi.
In un annuncio nel programma e anche a fine spettacolo Iodice ha comunicato la mancanza in scena di uno dei padri, Giuseppe Scognamiglio, che ha avuto seri problemi di salute, tali da non poter debuttare. Ciò avrebbe potuto provocare l'annullamento dello spettacolo che invece è andato in scena, anche su invito del Festival, proprio nel conforto del miglioramento di questo padre e nella speranza che possa recuperare la migliore forma nella ripresa invernale della piéce.
Bravissimi tutti gli interpreti: Ilenya Caleo e suo padre Paolo, Davide Compagnone e sua madre Anna, Alessandra Fabbri e suo padre Alessandro, Tania Garribba e sua madre Luisa, Stefano Miglio con Mattia Castelli. Belle e suggestive le scene e le maschere di Tiziano Fario, i costumi di Enzo Pirozzi, le luce di Angelo Grieco, il suono di Diego Iacuz. Con questo spettacolo Davide Iodice si conferma come uno dei registi più interessanti e accattivanti della scena italiana. Molti e calorosi applausi finali.
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