In uno dei luoghi simbolo della storia musicale della città di Napoli riecheggia il celebre Stabat Mater del 1735.
Nel quadro delle manifestazioni pasquali della città di Napoli è stata una piacevole sorpresa poter ascoltare il concerto organizzato dall’associazione culturale Maria Malibran per la sera del Lunedì Santo. La serata improntata sull’esecuzione del celebre Stabat Mater di G. Battista Pergolesi ha visto protagonisti le formazioni corali dell’associazione diretti da Raffaella Ambrosino. Il concerto rappresenta l’inizio di una collaborazione tra una giovane associazione culturale molto attiva sul territorio ed interessata a promuovere il repertorio dei classici del Barocco napoletano, ed uno dei luoghi simbolo della storia musicale della città di Napoli ovvero la chiesa della Pietà dei Turchini, sede un tempo di uno dei quattro conservatori della città. L’antica chiesa in effetti sta vivendo, da qualche tempo a questa parte, una fase di riscoperta storico culturale, grazie all’intervento di associazioni locali di rilievo ed ad un’opera di restauro ben mirata all’interno della chiesa.
Il capolavoro di Pergolesi, che resta una delle opere più conosciute del repertorio napoletano in tutto il mondo, ebbe sin dalla sua nascita nel 1735 vari riadattamenti tra cui notissimo è quello realizzato da Giovanni Paisiello per orchestra da camera e quartetto di solisti. L’esecuzione dell’opera è stata preceduta da alcuni brani corali eseguiti dal coro polifonico e dal gruppo dei Pueri Cantores di Montemurro realizzando un breve preludio iniziale che introduceva all'esecuzione del noto lavoro di Pergolesi. Lo Stabat Mater eseguito in questa occasione è stato strutturato unendo le diverse possibilità della compagine corale: al coro di fanciulli si è alternato l’ensemble polifonico ed i pezzi solistici sono stati affidati in alcuni casi ad un cantore del gruppo di voci bianche in altri eseguiti dallo stesso direttore accompagnato dall’organo.
La fusione delle diverse qualità timbriche delle voci in campo, se può apparire inconsueta, pure offre momenti di genuina musicalità oltre a permetterci alcune riflessioni sulla versione originaria dell’opera del maestro di Jesi di cui oramai in tanti fra il pubblico hanno perso memoria. La famosa sequenza fu musicata semplicemente per archi e basso continuo e molto probabilmente affidata a due castrati, il cui timbro così vicino al suono delle voci bianche è certamente molto lontano dalla prorompente vocalità dei soprani e contralti che oggigiorno la eseguono e questo è un dato acquisito, ma un altro elemento storico è interessante da ricordare nel fruire di questo tipo di esecuzioni e cioè l’esistenza di un manoscritto bachiano a cui non sempre si è dato la giusta importanza. La Biblioteca di Stato di Berlino possiede la partitura di un mottetto – parodia scritto da J. S. Bach proprio sulle note dello Stabat Mater di Pergolesi e pensato per un esecuzione da realizzare con un gruppo di voci bianche, e cioè il mottetto sui versi del salmo 51 “Tilge Hochster Meine Sunden“. La pregevole trascrizione per due voci, tre strumenti e continuo, sicuramente ci fa comprendere quale grande importanza desse Bach alla scuola napoletana, ma ci aiuta a capire anche il senso di operazioni concertistiche di questo tipo, di grande fascino anche per un pubblico profano, e che permettono ai giovanissimi di accostarsi a pagine di altissimo valore estetico già da piccoli.
L’esecuzione è stata molto apprezzata dal numeroso pubblico e Raffaella Ambrosino ha sicuramente meritato i calorosi applausi dimostrando di gestire con sicurezza sia la direzione che l’esecuzione dei brani solistici. Ai brani corali ed alla esecuzione delle parti solistiche hanno fatto da contrappunto le immagini di alcuni dipinti aventi per tema la passione di Cristo, proiettati su di uno schermo oltre il coro in modo da creare un ideale itinerario per la comprensione del testo ed una possibile cornice per la performance dei giovani musicisti.