Teatro

Il dramma di Yerma rivive di nuova luce grazie all'ottima regia di Rifici

Il dramma di Yerma rivive di nuova luce grazie all'ottima regia di Rifici

Un piccolo gioiello di teatro, questo, in sintesi, l'allestimento di Yerma, uno dei più intensi drammi di Lorca, firmato da Carmelo Rifici per AtirTeatro, andato in scena per il Fringe45 del Napoli Teatro Festival 2013. Riuscire a portare in scena un classico è sempre impresa ardua, se si cerca di offrire un prodotto artistico intellettualmente onesto e, soprattutto, di proporre una personale lettura del testo senza anteporsi ad esso, anzi, mettendo in rilievo la forza della parola e della poesia di un autore. Rifici ci riesce senza supponenza, con classe, colta eleganza e semplicità espressiva, coadiuvato da tre straordinari interpreti che danno vita ad una rappresentazione viva e coinvolgente.

La storia di Yerma, moglie del pastore Juan, che soffre per l'assenza di figli, ma forse soprattutto per un matrimonio sterile anche di carezze e passione, viene portata in scena senza appesantimenti, ma con tocco lieve e non per questo superficiale, anzi, scandito da musiche che riecheggiano di una Spagna da cartolina, a metà tra il cinema visionario e dissacrante di Pedro Almodovar e quello realista ed anti franchista di Juan Antonio Bardem. Per tutte  valga come esempio la spettacolare e divertente idea con cui il regista affronta l'insidiosa scena delle lavandaie, bozzetto che spesso viene tranciato per la non facile resa drammaturgica, e qui utilizzata come singolare intermezzo a cui gli attori si concedono senza perdere la giusta concentrazione, subito dopo, nell'affrontare il dramma esistenziale dei protagonisti. In scena Maria Pilar Pérez Aspa è una Yerma di sconvolgente verità espressiva, dalla potenza interpretativa profonda, in lei voce e corpo si fondono in una personalità attoriale di rara comunicativa, ed è ottimamente supportata da due compagni di scena di generosa duttilità, la spumegginte ed istrionica Mariangela Granelli, ed il bravo Francesco Villano, a loro il compito di far rivivere tutti gli altri personaggi del dramma: le donne che consigliano, dileggiano e condizionano la vita di Yerma per la Granelli, ottima a caratterizzarle tutte con estrema sincerità, mentre a Villano tocca interpretare i due uomini che significheranno la vita della donna: il sanguigno e passionale Victor, il debole ed inadeguato Juan, due immagini maschili opposte e speculari, in cui l'attore riesce ad entrare con discrezione e convincimento, e di quest'universo maschile alla quale la donna è costretta ad essere soggiogata sono significativi simboli le camicie stese in lunghi filari che costituiscono la bella e funzionale scenografia di Margherita Baldoni: in esse la donna si perde e si consuma nel dolore dannato, fino al tragico finale, in cui ci sembra di scorgere, da parte del regista, una sorta di svelamento dell'omosessualità di Juan, come motivazione di un amore sessuale impossibile da concretizzare.

Lo spettacolo, comunque, al di là delle interpretazioni, resta una delle più belle esperienze che uno spettatore possa avere in questa stagione teatrale non felicissima, e, per ora, "la migliore offerta" di questo festival 2013. Insomma, nella politica commerciale della distribuzione teatrale ci sentiamo di dire che, a dispetto di certi spettacoli inutili e senza motivazioni artistiche,  un onesto e competente direttore artistico di qualsiasi teatro italiano non dovrebbe farsi sfuggire l'opportunità di inserire nel proprio cartellone Yerma di Garcia Lorca diretta da Carmelo Rifici.