Teatro

Il Macbeth di Bailey: l'infernale filiera del coltan

Il Macbeth di Bailey: l'infernale filiera del coltan

Chi sono le oscure divinità che bisbigliano ambigui vaticinii all’orecchio del presidente Macbetto?

Tre distinti gentiluomini, manager di oscure multinazionali, vestiti con completi scuri e cravatte, che calzano inquietanti maschere di tela bianca e caschi da cantiere del medesimo colore, muovono le tre streghe del dramma shakespeariano che altro non sono che corpi di donne congolesi, minacciati, violentati, svuotati di vita e ricolmi di disperazione. Brett Bailey ambienta il suo personalissimo Macbeth verdiano nella città di Goma, nell’Est della Repubblica Democratica del Congo, teatro nel 2012 del brutale colpo di mano dell’M23 e da sempre cuore pulsante della barbarie che dal 1994 serpeggia subdolamente nella regione africana.

Se il Macbeth di Shakespeare è sostanzialmente un apologo sulla sete di potere e sull’incapacità dell’uomo di leggere e interpretare il proprio destino, se quello verdiano pone in maggior risalto i temi della “terra oppressa” e del tiranno, quello di Bailey invece, facendo tesoro di entrambe le lezioni, orchestra una suggestiva e grottesca metafora dei delicati equilibri di potere che affliggono l’Africa postcoloniale. Il presidente Macbeth è infatti il prototipo del dittatore militare: ossessionato da presunti nemici e oppositori, intento ad ostentare uno stile di vita faraonico con tanto di moglie soubrette e arredo kitsch degno dei peggiori sgherri di Gomorra. Ma il sangue che questo Glamis fa scorrere non deriva soltanto dall’ossessione per il potere dell’overreacher elisabettiano, esso ha un’origine più oscura e luciferina, affonda le proprie radici nella terra africana, ha un colore grigio scuro ed è nocivo se maneggiato senza le dovute precauzioni. Si tratta del Coltan congolese, misto di tantalite e colombite, il principale ingrediente per i manufatti Hi-tech che scintillano dalle vetrine dei negozianti di tutto il mondo.

È oramai un fatto acclarato che tra le ragioni principali che hanno portato alle stragi che da circa vent’anni infiammano il Congo ci sia il monopolio delle miniere di coltan; il controllo dei giacimenti è così importante per i vari gruppi armati da rendere le differenze etniche un mero pretesto. Le bande di guerriglieri fanno soldi imponendo un pizzo ai minatori che solo dopo aver pagato una determinata quota di denaro in base alla percentuale di minerale estratto possono recarsi a Rubaya o a Goma appunto per vendere la loro merce. Con i proventi del pizzo i guerriglieri acquistano nuove armi per consolidare il loro potere nella regione. Ma forse ancora più inquietante è il percorso che il coltan intraprende dai mercati di Goma fino ai nostri smartphone di ultima generazione. Il presidente Macbeth, infatti, non si limita a versare il sangue dei suoi nemici politici, ma con grande lungimiranza, una lungimiranza che non appartiene certo al villain shakespeariano, fonda una società, la Hexagon, che si occupa dell’esportazione del prezioso minerale, magari falsandone la provenienza per far dormire sonni tranquilli alle multinazionali di tutto il mondo. Lo spettacolo di Bailey è originale, rutilante, vivace e irriverente. Un certo qual brio da musical allegerisce l’impianto operistico rendendolo digeribile anche allo spettatore poco avvezzo al genere. Da segnalare la scena dell’omicidio di Banquo in cui la sapida giga dei guierriglieri/sicari coinvolge e turba al contempo lo spettatore.