Il Macbeth è forse la tragedia shakespeariana più feroce e cupa, ma più che in ogni altra opera emerge la capacità del grande drammaturgo inglese di restituire -attraverso la messa in scena raffinata dello struggimento psicologico vissuto dai personaggi- tutto il dramma di chi è abitato dal male e ingravidato dalla cupidigia del potere. Ma c’è di più. L’indagine shakespeariana affonda nell’introspezione psicologica più attuale. Si pensi che nell’ambito delle scienze umane esiste quella che è definita la “profezia che si autoavvera”: una predizione espressa determina l’inveramento dell’evento previsto. Come è possibile? Il meccanismo è abbastanza semplice: la persona modifica inconsapevolmente il proprio comportamento poiché condizionata dalla previsione.
La profezia delle tre streghe che appaiono a Macbeth e che gli dicono che un giorno diverrà re si avvera perché Macbeth ne permette la realizzazione. Qui sono due le forze potentissime che entrano in gioco: la naturale malvagità umana –checché ne abbia a dire Rousseau- e il meccanismo di facile suggestione mentale.
Ecco chi è Shakespeare.
Al regista Andrea De Rosa non si chiedeva tanto.
Sono trascorsi cinque giorni dalla prima del Macbeth alla Corte di Genova. Le immediate sensazioni di sgomento e fastidio sono ora in cantina. È possibile adesso una riflessione sine ira et studio. Eppure la direzione rimane la stessa. A parte la fatica degli attori che è sempre da premiare, a parte la bellezza del Macbeth di Shakespeare che rimane inalterata nonostante il saccheggio, la responsabilità è tutta del regista, che ha deciso di trasformare in tragicomica ossianica -che spesso scivola addirittura in scene da cinema splatter o nell’ironia farsesca di certo horror- la regale indagine sul male che per quanto feroce e cupa non perde mai il senso della misura.
Non mi soffermo sulle scene truculente –i bambolotti insanguinati morti che Lady Macbeth partorisce o appesi come pipistrelli nella foresta o le mani grondanti di sangue ma sempre troppo grondanti- o su quelle eccessivamente ironiche tanto da scivolare nel comico –Macbeth e la moglie che con il mocio cercano di ripulire il salotto dal sangue- o sulle continue risate che diventano insopportabili e del tutto prevedibili. Non mi soffermo neanche sulla scelta di questo adattamento che è per me altra cosa rispetto alla tragedia. Mi soffermo sul risultato, invece. De Rosa ha davvero chiesto troppo e agli attori e al pubblico.
A conclusione della prima il dispiacere degli astanti era visibile non appena hanno incontrato le facce vere degli attori. Il pubblico genovese è un pubblico buono. Non ce l’ha fatta a tributare loro il silenzio gelido e così lentamente un timido applauso ha fatto breccia. Io ero tra loro. Epperò i commenti erano un coro unico: il troppo stroppia sempre.
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Teatro della Corte
Macbeth
di William Shakespeare (trad. it di Nadia Fusini)
Regia di Andrea De Rosa
Produzione: Teatro Stabile di Torino, Teatro Stabile del Veneto "Carlo Goldoni"
Con: Giuseppe Battiston, Frédérique Loliée, Ivan Alovisio, Marco Vergani, Riccardo Lombardo, Stefano Scandaletti, Valentina Diana, Gennaro Di Colandrea
Dal 15 Gennaio 2013 al 20 Gennaio 2013