Teatro

Il nome della rosa, un cast 'all stars' per il debutto a teatro

Il nome della rosa, un cast 'all stars' per il debutto a teatro

Presentata al Salone del Libro di Torino la prima versione teatrale del capolavoro di Umberto Eco. Un omaggio di Stefano Massini al celebre semiologo, filosofo e scrittore, scomparso nel 2016.

Due Teatri Nazionali - di Torino e del Veneto - e lo Stabile di Genova, impegnati in un considerevole sforzo produttivo: Il nome della rosa, capolavoro di Umberto Eco, nella sua prima versione teatrale, firmata da Stefano Massini. Lo spettacolo debutta in prima assoluta al Teatro Carignano il 23 maggio, con repliche fino all’11 giugno; poi in tournée la prossima stagione teatrale, a partire da ottobre.

Tutti gli uomini della “rosa”
Sul finire del XIV secolo, un vecchio frate benedettino, Adso da Melk (Luigi Diberti), è intento a scrivere le sue memorie, nelle quali narra alcuni terribili avvenimenti accaduti in un’abbazia dell’Italia settentrionale, di cui è stato testimone in gioventù. 
Leo Muscato dirige un cast di tredici grandi interpreti, alcuni dei quali sono impegnati in più ruoli: tra loro, Luca Lazzareschi è Guglielmo da Baskerville, un erudito frate francescano, con un passato da inquisitore, mentre Eugenio Allegri nel primo atto veste i panni di Ubertino da Casale, confratello e amico di Guglielmo, e nel secondo diventa il suo più acerrimo nemico, l’inquisitore Bernardo Gui, personaggio realmente esistito.
Unica presenza femminile in un cast interamente al maschile, Arianna Primavera interpreta la fragile ragazza che introduce il giovane Adso (Giovanni Anzaldo) ai piaceri della carne, senza mai pronunciare parola; per tutto lo spettacolo, infatti, i due comunicano solo attraverso il canto.

La dimensione scenica del ricordo
I ricordi del vecchio Adso costituiscono la struttura portante dell’impianto scenico dello spettacolo, realizzato da Margherita Palli: una “scatola magica” in continua trasformazione, che evoca, con l’ausilio di proiezioni video, i numerosi luoghi di astrazione dell’azione: biblioteca, cappella, cella, cucina, ossario, mensa…
Le musiche originali, intervallate con canti gregoriani eseguiti a cappella dagli stessi interpreti, contribuiscono a creare l’atmosfera antinaturalistica di un allestimento che il regista Leo Muscato definisce “astratto”.

Dalla pagina al grande schermo
Tradotto in 47 lingue, Il nome della rosa, esordio letterario di Umberto Eco, ha vinto il Premio Strega nel 1981; la versione cinematografica diretta nel 1986 da Jean-Jacques Annaud, con protagonista Sean Connery, ha decretato il definitivo successo dell’opera.
La struttura stessa del romanzo è di forte matrice teatrale: un prologo, una scansione temporale in sette giorni, e la suddivisione di ogni singola giornate in otto capitoli, che corrispondono alle ore liturgiche del convento (Mattutino, Laudi, Prima, Terza, Sesta, Nona, Vespri, Compieta). Ogni capitolo è introdotto da un sottotitolo utile a orientare il lettore, che in questo modo sa già cosa accade prima ancora di leggerlo; quindi la sua attenzione è focalizzata sul come si sviluppano gli eventi narrati.

Verità e fede
Centrale, nell’opera di Eco, la feroce lotta fra chi si crede in possesso della verità e agisce con tutti i mezzi per difenderla, e chi, al contrario, la concepisce come una libera conquista dell’intelletto umano. Non è dunque la fede a essere messa in discussione, quanto piuttosto due differenti modi di viverla. “Ci sono ancora troppe persone convinte di essere la mano di Dio”: con queste parole, Renato Carpentieri, che nello spettacolo interpreta Jorge da Burgos, austero depositario dei segreti dell’abbazia, ha presentato uno dei personaggi più controversi dell’opera.

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