Il notevole calendario operistico-sinfonico e coreutico conferma la vocazione dell’Ente palermitano ad un costante miglioramento nel segno della qualità.
«Magnifica, nuova e godibile alla vista»: così Tatiana Arzamasova, del collettivo di videoartisti russi EAS+F, (componente creativa protagonista nella nuova impostazione scenografica) descrive la produzione della Turandot programmata in apertura della stagione 2019 del Massimo di Palermo, il prossimo 19 gennaio. Una vicenda che nell’ ideazione futuribile del regista Fabio Cherstich (reduce dal recente successo del suo Elisir d’amore al quartiere Danisinni di Palermo), prende le mosse nel mondo contemporaneo, epoca in cui vive la nonna di Turandot, per poi svilupparsi in una inimmaginabile Pechino 2070, in una società ipermediatica segnata dalle fake news, tra personaggi fittizi e rimandi alla realtà.
Alla première di gennaio si unisce inoltre una ricca rosa di spettacoli, tredici dei quali nel cartellone di opere e balletti (tra cui sei nuove produzioni), dieci concerti e sei recital nel segno della conciliazione fra tradizione e ricerca: perfetta rappresentazione di un grande Teatro d’opera "composto da tanti teatri, da tante facce -sottolinea il sovrintendente Giambrone- in modo da venire meglio incontro ai suoi spettatori, con particolare riguardo ai più giovani, in direzione ampiamente inclusiva".
L’arte si rinnova «in viaggio»
Abolita sin d’ora la tassa associata al diritto di prelazione, abbonati storici e nuovi potranno contare su un’offerta accessibile sotto il profilo economico, imperniata su un nucleo di contenuti riguardanti l’intramontabile tema del viaggio.
Dagli esiliati Calaf e Timur nella Turandot al tortuoso itinerario degli eroi Ulisse (ne Il ritorno di Ulisse in patria di Claudio Monteverdi) e Idomeneo (nell’opera omonima di Mozart), le difficoltà associate ad ogni percorso, in concomitanza con l’inevitabile metamorfosi interiore, raggiungono il clou nella prima assoluta di A winter journey, opera contemporanea di Ludovico Einaudi su libretto di Colm Tóibín e per la regia di Roberto Andò, intorno a drammatiche e quanto mai attuali peripezie migratorie. Il tema del movimento verso condizioni di vita migliori, caratterizzando come leitmotiv gli allestimenti in programma, appare inoltre in perfetta consonanza con il perpetuo processo di rinnovamento in senso migliorativo cui appare soggetta l’intera l’attività artistica realizzata dal Massimo.
Competenza e imprenditoria, la formula vincente del Massimo
Oltre ai titoli beneamati di ritorno a grande richiesta, come Traviata in ambientazione Liberty (trionfante nella trascorsa tournée giapponese) o il Barbiere di Siviglia movimentato con ironia dai cartoons di Joshua Held, si segnala la prosecuzione dell’impegno coreografico-progettuale del Corpo di ballo del Teatro Massimo, al debutto il 20 marzo 2019 con lo spettacolo Preljocaj- Kor’sia. La stagione sinfonica, contraddistinta da bacchette prestigiose (Omer Meir, prossimo direttore musicale dal 2020) vedrà l’alternarsi di importanti autori novecenteschi, lavori di notevole difficoltà tecnica poco frequentati nel repertorio tradizionale, numerosi concerti con le migliori voci della scena contemporanea insieme a feconde contaminazioni musicali d’impronta jazz e barocca, il musical (mai apparso sul palco del Massimo) My Fair Lady.
Concluderanno degnamente il calendario sinfonico le performances concertistiche del compositore ungherese Peter Eötvös che, tra gli altri, dirigerà anche il suo struggente Concerto alle vittime senza nome per le migliaia di caduti dispersi nel Mar Mediterraneo durante i viaggi di fortuna. In definitiva, il complesso di rilevanti eventi inseriti nella proposta 2019, reso possibile dall’armonico connubio tra finanziamento pubblico e apporto dei privati -non solo in virtù dei benefici economici connessi al mecenatismo, ma come conseguenza del diffuso clima di fiducia- trova i migliori portavoce nell’ensemble dei duecento bambini tra i sei e i quindici anni interpreti attivi della Kids Orchestra e dei due cori di voci bianche del Massimo: simbolo delle speranze future di «un Teatro che -secondo gli auspici del sindaco Orlando- si appresta ad essere portabandiera di Palermo e della cultura italiana in tutto il mondo».