C’è un elemento con il quale tutti gli esseri umani, senza distinzione di censo o di classe, prima o poi, devono fare i conti. Cruccio delle scienze fisiche, nella forma di particelle solide che fanno parte della materia presente nello spazio e delle pulizie domestiche – vedi il boom dei panni elettrostatici e la fobia da acaro –, la polvere è presente nelle metafore quotidiane e nella letteratura di ogni epoca, dall’oraziano “pulvis et umbra sumus” al manzoniano “Due volte nella polvere / Due volte sull’altar”. Come capita, i termini si adattano alla percezione delle cose e se è stata proprio la polvere ad essere associata così intimamente al corpo umano, come ci ricorda il noto motto ascetico della Genesi, un motivo deve esserci.
L’idea di Gian Maria Tosatti è che di polvere siano le tracce del tempo non lineare delle civiltà, “ciò che rimane intorno alle cose che sono esistite”, ha detto durante la presentazione del suo Museo della polvere. Un concetto già affrontato dall’artista nel ciclo napoletano delle “Sette Stagioni dello Spirito” e che prosegue idealmente in “Tempo imperfetto”, serie di incontri critici, mostre e installazioni site specific, incentrati sulla concezione del tempo, dell’essere e dei luoghi, organizzati dalla Fondazione Filiberto Menna, per il Museo Archeologico Provinciale di Salerno, a cura di Antonello Tolve e Stefania Zuliani. Il museo è l’espressione istituzionalizzata dei modi di relazionarsi con le declinazioni del tempo, presente e futuro, interiore ed esteriore, memoria e speranza. Edificio ibrido tra architettura e concetto, ha la forma di un archivio edificato sulla sedimentazione di determinati processi culturali, sociali, economici e politici. La proverbiale velocità dell’epoca contemporanea, però, riformula continuamente la cronologia, permettendo anche di azzerarla con un gesto minimo, solo premendo quel famoso pulsante. Così, tra le vertiginose gallerie virtuali e il rapido logoramento delle immagini, passando per lo strapotere dei gadget da scrivania della Monna Lisa, le fondamenta tradizionali della funzione museale sono state sostituite da nuovi edifici mentali, ancora da scoprire.
“La mia parte nella seconda guerra mondiale”, unica opera del Museo della Polvere, indaga nella voragine conoscitiva aperta da tale questione, guardando alla narrazione del passato. Una teca di plexiglas, al cui interno è conservato un mucchio compatto di polvere, è poggiata su una base di legno dorato e si inserisce tra i reperti etruschi, emblema della musealizzazione, con ritmo minimale. La polvere, con le sue particelle micrometriche, è quella che si è depositata sull’altare della chiesa dei SS. Cosma e Damiano, rimasta chiusa dalla Seconda Guerra Mondiale e riaperta da Tosatti, in occasione della prima tappa delle Sette Stagioni dello Spirito. Gruppi di persone si concentrano intorno alla struttura, girandogli intorno, concentrando lo sguardo sui granelli grigi, sui residui caoticamente immobili, sul proprio riflesso fissato sulla teca opaca. Il ruolo dei contemporanei è quello di osservare e preservare, oppure rifunzionalizzare e consumare, o qualche altro binomio ancora in via di formazione?
Inutile rivolgere queste domande all’arte, improbabile che un oggetto possa articolare una frase di senso compiuto e, anche in questo caso, non c’è risposta. La polvere è residuo organico, come la storia è ciò che rimane della memoria. Non una cosa identificabile, quindi, ma un giudizio eternamente aperto.
Dal 10 settembre al 10 ottobre 2014
Gian Maria Tosatti - Per un museo della polvere
A cura di Antonello Tolve e Stefania Zuliani
Museo Archeologico Provinciale di Salerno
Via San Benedetto, 28
Orari: dal martedì alla domenica, dalle 9.00 alle 19.30.
Info: +39 089 231135
Web: www.museoarcheologicosalerno.it