Teatro

KUTLUǦ ATAMAN Mesopotamian Dramaturgies

KUTLUǦ ATAMAN  Mesopotamian Dramaturgies

La multiculturalità è la cifra stilistica di Kutlug Ataman, artista turco nato a Istanbul nel 1961 ed attento osservatore della difficoltà di armonizzare tradizione e globalizzazione soprattutto nel Kurdistan turco, ma come metafora dell'interesse per i concetti di frontiera e diversità. Conosciuto per le sue intense video-installazioni a più schermi a metà tra fiction e documento, Ataman esplora la natura complessa e variegata dell'identità personale e collettiva.
Il MAXXI espone “Mesopotamian Dramaturgies”, il suo lavoro più significativo, presentato per la prima volta nella sua interezza, otto “stazioni” (video-installazioni, film e fotografie) che mostrano la tensione, lo sforzo, le contraddizioni e i risultati dell'incontro di Oriente e Occidente in quella “terra di mezzo” che è la Mesopotamia, uno dei più importanti centri di civilizzazione del mondo antico ed oggi divisa tra Turchia ed Iraq.
I video, realizzati nella zona sud-orientale della Turchia, l'arcaico Kurdistan, danno voce a persone “marginali”, rimaste alla periferia dello sviluppo rispetto ad altre zone. Due dei lavori in mostra, “Column” e “Dome”, sono nati in seguito ad una residenza dell'artista a Roma per “esporsi, secondo le sue parole, all'arte antica e rinascimentale intesa come matrice visiva che ancora influenza il modo occidentale di guardare il mondo”.
“Column” è una video-installazione ispirata alla colonna traiana di Roma, un lavoro costituito da vecchi televisori installati un una spirale ascendente che allude alla forma in cui si susseguono i rilievi nel monumento imperiale celebrativo delle vittorie contro i Daci; Column però non parla dei vincitori ma dei vinti, rappresentati dai cittadini della Turchia più remota mentre guardano muti verso la telecamera, impossibilitati a far sentire le loro voci, ad esprimere le loro storie. “Dome” è una grande proiezione video a soffitto che rimanda ai dipinti delle volte delle chiese cattoliche. Sospesi nel cielo, sulle nuvole, come angeli moderni, giovani turchi di provincia esibiscono fieramente telefoni cellulari come simboli di progresso.
Le altre parti sono “Pursuit of happiness” (ritratto video di una donna a cui è stato imposto il matrimonio, come metafora del rapporto tra l'Occidente dominato dal diritto alla ricerca della felicità e l'Oriente con tradizioni fondate su altri ideali), “English as a second language” (sulla perdita del senso della comunicazione, l'illusoria universalità della globalizzazione), “The complete works of William Shakespeare” (ancora sulla incomprensibilità e incomunicabilità), “Strange space” (in cui l'artista attraversa una desolata pianura bendato e a piedi nudi, ispirandosi alla leggenda islamica di Layla e Majnun, dove l'eroe accecato dall'amore vaga nel deserto alla ricerca della donna amata), “Frame” e “Journey to the moon”.
La mostra rivela l'interesse del museo per la scena internazionale, è curata, come il catalogo bilingue Electa, da Cristiana Perrella ed è esposta nella sala Carlo Scarpa, accompagnata nei primi giorni dalla proiezione di film dell'artista.

Roma, MAXXI Museo nazionale delle Arti del XXI secolo, fino al 12 settembre 2010, aperta da martedì a domenica dalle 11 alle 19 (giovedì chiusura alle 22), lunedì chiuso, ingresso euro 11,00 (comprensivo del museo e delle altre mostre in corso), catalogo Electa, infoline 06.3210181, sito internet www.fondazionemaxxi.it

FRANCESCO RAPACCIONI