Teatro

LA BELLA ADDORMENTATA AL VERDI DI TRIESTE

LA BELLA ADDORMENTATA AL VERDI DI TRIESTE

Se Čaikovskij avesse dato ascolto solo alla sua razionalità, dopo lo scottante flop de "Il lago dei cigni" nella prima versione del 1877 malamente coreografato da Julius Reisinger, non si sarebbe più accostato al genere del balletto. E noi non avremmo avuto poi né "La bella addormentata", né "Lo schiaccianoci", né infine la revisione e la definitiva versione de "Il lago dei cigni". Per fortuna diede invece retta al suo intuito, nonchè a due interlocutori influenti, cioè al colto Ivan Vsevolovžkij, direttore dei Teatri Imperiali, ed a Marius Petipa, il coreografo francese chiamato a guidare il corpo di ballo del Teatro Mariinskij in Pietroburgo. Il primo diede fiducia alle sue possibilità, incoraggiandolo ad un secondo tentativo; il secondo gli propose un soggetto fantastico da lui elaborato partendo dalla storia di Aurora, la famosissima Bella Addormentata di Perrault, e gli fornì tutte le minuziose istruzioni su come stendere una funzionale partitura da balletto, assolvendo opportunamente alle necessità narrative, coreografiche, tecniche del genere.
Quanto alla musica, Čaikovskij non fece mancare tutta la sua inesauribile fantasia ad una trama un po' debole (l'unico difetto del balletto, va riconosciuto) ma peraltro ricco di simbologie, come in ogni vera, grande fiaba. In tanti si sono cimentati a trovarle: se la lotta tra Bene e Male è palesemente personificata dalla Fata dei Lillà e dalla bieca maga Carabosse, quanto accade alla giovane Aurora è invece una chiara metafora della femminilità, dalla nascita all'adolescenza, per arrivare all'età della adulta consapevolezza; e la puntura con l'ago, l'apparire del sangue potrebbero essere un celato riferimento alla raggiunta maturità sessuale, il sonno il sopore dei sensi e il risveglio col bacio la scoperta dell'amore fisico. Ma simbologie a parte, è il colore quel che conta, in quello che il grande Nureyev definiva il 'balletto per eccellenza', interpretandone tante volte la parte del Principe che divenne con lui un vero coprotagonista della vicenda. Colore profuso da Čaikovskij  e Petipa a piene mani: come nelle danze delle dolci fate nel primo atto, come nei curiosi interventi di altri personaggi di Perrault - Cappuccetto Rosso e il Lupo, Cenerentola e il Principe, il Gatto con gli Stivali e la sua Gattina, l'Uccellino Azzurro e la bella Florine - nella festa di nozze. Tutte occasioni perfette per trapuntare con fantasiosi fili cromatici lo spettacolo, in un tripudio di invenzioni coreografiche che costituiscono una ghiotta occasione di virtuosismi tersicoerei al punto che, seguendo un'idea che si deve per primo a Diaghilev, il terzo atto e l'Apoteosi finale sono talora rappresentati da soli sotto il titolo di "Le nozze d'Aurora".
Insomma, "La bella addormentata" nella insuperabile lettura di Petipa, riproposta a Trieste dal Balletto dell'Opera di Kiev con alcuni inserimenti di Lopukhov e di Grigorovič - si pone da sempre come un prezioso regesto del lungo cammino compiuto dalla danza classica nei suoi primi tre secoli di storia, una vera e propria una antologia della perfezione tecnica raggiunta all'epoca dai grandi ballerini di fine Ottocento. Il corpo di ballo del maggiore teatro ucraino ha una storia più che centenaria: costituitosi in pianta stabile agli inizi del 1900, nel 1931 divenne organismo nazionale, alternando repertorio classico e proposte moderne; e le sue fila vengono man mano rinnovate dai giovani laureatisi nell'efficiente Istituto Coreografico Statale che l'affianca da molti decenni. In anni recenti,  cioè dal 1992 al 2000, è stato seguito dal celebre coreografo Anatolij Šekera, che ha dato un notevole impulso qualitativo alla compagine, attualmente nelle mani di Denys Matvienko e Viktor Jaremenko. Questa tournée italiana ha registrato un buon successo ovunque, con attestati di stima rivolti dal pubblico sia all'insieme del corpo di ballo, sia ai suoi solisti: a Trieste abbiamo apprezzato l'eccezionale bravura tecnica della deliziosa Aurora della giovanissima Katerina Hanjukova, della Fata dei Lillà di Katerina Kozačenko, del Principe di Andrej Gura. Troppo lungo sarebbe poi parlare di tutti gli altri solisti, ma vogliamo citare almeno la Carabosse di Roman Zavgorodnyi, la Florine di Katerina Kuhar, l'Uccellino azzurro di Maksim Kovtun. Bravissimi anche loro.
L'Orchestra del Teatro Verdi, comportatasi con giusta souplesse, è stata seguita con competenza e ricchezza di tinte da Mykola Diadiura, direttore musicale dell'Opera Nazionale d'Ucraina. Le scenografie ripetevano opportunamente i più classici clichées dell'epoca del grande Petipa, al pari dei costumi: tutti deliziosi e coloratissimi, con qualche inevitabile concessione ai tempi nostri.