Teatro

La leggerezza violata degli uomini invisibili

La leggerezza violata degli uomini invisibili

Quando sulla scena del teatro si affaccia “la vita vera” insorge nello spettatore un legittimo dubbio morale: non sarà che con questo brandello di realtà l’autore sta ricattando lo spettatore, sta richiedendo la sua adesione incondizionata attraverso un ponte emotivo che approda direttamente nelle viscere? L’interrogativo è naturale, ma questo lavoro di Davide Iodice dissipa immediatamente il sospetto: ci troviamo davanti a un autentico pezzo di teatro vivente.

La struttura del dormitorio pubblico si trasforma dinanzi agli spettatori in una grande officina dell’immaginario violato, come un enorme fonografo a manovella sui cui cilindri incisi il regista napoletano ha catturato una melodia arcana, fatta dei sogni, delle memorie e dei desideri di quelle persone che nel dormitorio ci vivono tutti i giorni. A guidare nel percorso tra gli ingranaggi di questa grande macchina onirica è uno degli ospiti del dormitorio, che accoglie il pubblico con una propria vibrante poesia e ne diviene guida naturale attraverso le stanze del palazzo, fino alla fine del viaggio-esplorazione, che si conclude su una grande balconata. Lo spettacolo comincia con i racconti “in vivo” di alcuni degli ospiti del dormitorio, contrappuntati in una scena successiva dal racconto corporeo degli attori che provano a ricostruire il mondo interiore di chi ha subito la violazione del mondo, e la trasformazione di una inerme purezza infantile nell’oscurità della vita adulta.

Immaginoso e simbolico l'allestimento scenico di Tiziano Pirozzi, che copre il soffitto delle stanze con brandelli di stoffe cuciti insieme, così come Iodice ricompone, nel suo percorso di ricerca, i frammenti di vita in cerca di una forma serena. Bravi tutti gli attori in scena che, con uno studio attento e curato dei movimenti, riescono a trasportare gli spettatori nella dimensione surreale dell’immaginazione.

Un lavoro che tocca un tema così drammatico come quello degli invisibili, degli emarginati o è un capolavoro o rischia molto spesso di cadere nel banale e nello scontato. Possiamo sostenere che il regista Davide Iodice è riuscito, con estrema semplicità, a realizzare un piccolo capolavoro di drammaturgia lasciando, con discrezione e grazia artistica, la libertà ad ognuno di emozionarsi e di commuoversi.