Haydn, Mozart, Beethoven ed un inedito Zeljenka, per un programma che ha messo in luce confronti e richiami, sia musicali che ideali: ecco il debutto napoletano del Quartetto slovacco.
L'Associazione Alessandro Scarlatti ospita il Quartetto Mucha, un'apparizione molto gradita per un Ensemble (Juraj Tomka -violino-, Andrej Baran -violino-, Veronika Prokesova -viola- e Pavol Mucha -violoncello-) che seppur giovane, ha già conquistato numerosi premi e riconoscimenti internazionali, e che per il debutto sul palcoscenico napoletano ha scelto un programma che offre alcune interessanti particolarità alla riflessione dell'ascoltatore, oltre a mettere in luce la loro versatilità ed una ottima coralità.
Fondato nel 2003, il Quartetto Mucha è già più che una promessa, fra i gruppi da camera della Slovacchia, ed ha una storia che comincia sotto la guida di Stanislav Mucha, padre del violoncellista Pavol e primo violino del Quartetto Moyzes, una formazione che ha avuto grande merito, fra l'altro, nel diffondere la musica da camera slovacchia (ed infatti il finale della serata scarlattiana ha offerto l'esecuzione di un brano di Ilja Zeljenka, un autore che ha conosciuto il buio della censura del regime sovietico, dedicato a Beethoven).
Haydn e Mozart si dividono la prima parte, che ha inizio con il Quartetto in re maggiore op. 76 n. 5 di quel "padre" del quartetto d'archi che fu Franz Joseph Haydn, una occasione per mettere in luce le virtù degli esecutori, fra le variazioni dell'Allegretto e le transizioni del Largo, fino a quel terzo movimento Menuetto e Trio nel quale si esaltano i richiami vicendevoli e si costruisce una linea comune che lascia ampio spazio al dialogo fra i controsoggetti (il violino di Juraj Tomka ed il violoncello di Pavol Mucha). Eccellente è poi il legame con il brano che segue: il quartetto per archi in sol maggiore detto Frühlings-Quartett K387 fu terminato da Wolfgang Amadeus Mozart a Vienna nell'ultimo giorno dell'anno 1782, dopo 10 anni dall'ultima scrittura che Mozart dedicò a questo genere, e proprio dedicandolo ad Haydn: non solo, ma con una lettera scritta in italiano fu proprio a lui a spedirgli la composizione, il primo di settembre del 1785, insieme con gli altri cinque della serie che gli dedicò ("Piacciati dunque esser loro Padre, Guida ed Amico! Da questo momento, jo ti cedo i miei diritti sopra di essi..."). E qui ascoltiamo con piacere gli inimitabili chiaroscuri psicologici che, pur in un complesso di espressioni serene, accompagnano quello che è stato considerato "il meno mondano e salisburghese di tutti" (Brigitte Massin), un lavoro che serba all'orecchio un numero straordinario di sfumature, fino all'ultimo movimento in cui le due età -Bach/Haendel e Haydn/Mozart- si incontrano, pur mantenendo le peculiarità morfologiche, sulla strada di Salisburgo.
La seconda parte si apre con il quartetto per archi n. 11 in Fa minore, op. 95, noto come Quartetto Serioso e composto da Ludwig van Beethoven nel 1810: nel nome si legge già l'elemento di severità con cui viene affrontato il contenuto espressivo, e si percepisce da subito un deciso lavoro che si potrebbe definire di contenimento ed economia, con la rinuncia ad ogni concessione al superfluo ed una stringatezza coerente che trova continuità fra i vari tempi, un aspetto che successivamente verrà facile ritrovare nelle opere di Beethoven di cui si apprezza una corrente continua; è qui che apprezziamo il violoncello riflessivo di Mucha ed ancora l'ispirazione evidente di Tomka, dalle trasformazioni armoniche del primo movimento agli arpeggi dell'Allegro assai vivace ma serioso (appunto), fino alle scale cromatiche dell'ultima parte, quell'Allegretto agitato in cui non manca un certo contenuto drammatico. Chiude la serata all'Auditorium di Castel Sant'Elmo, Ilja Zeljenka ed il suo Quartetto n. 7 "Hommage a Beethoven"; una scelta di classe e giustamente orientata alla scuola di provenienza, per un autore contemporaneo slovacco del tutto sconosciuto a causa dell'ostracismo di regime che mal vedeva il suo linguaggio sperimentale; ciononostante, Zeljenka fu prolifico e versatile compositore e si occupò di ogni genere musicale, ed in questo suo quartetto in un unico movimento vengono combinate la forma della sonata con quella della rapsodia, dedicando il tutto a Beethoven con queste sue stesse parole: "Il titolo "Hommage à Beethoven" testimonia il mio profondo rispetto e la affinità che sento per questo straordinario compositore... Se sembra che ci siano citazioni di opere di Beethoven nel quartetto, non è un caso, è intenzionale – anche se si tratta di analogie e non di vere e proprie citazioni. Cosa mi coinvolge di Beethoven? Forse la sua trattenuta spontaneità".
Prossimo concerto: Mercoledì 18 Novembre 2015 21:00 Auditorium Castel Sant'Elmo, Napoli
QUARTETTO DI VENEZIA
"La musica italiana per quartetto d'archi" – primo concerto
Luigi Boccherini - Quartetto in sol maggiore p.52 n.3
Bruno Maderna - Quartetto in due tempi
Giacomo Puccini - Crisantemi
Giuseppe Verdi - Quartetto mi minore