La stagione 2013-2014 del Teatro Regio di Torino si conclude con la spensieratezza della Belle Époque viennese: dal 27 giugno al 6 luglio andrà in scena La vedova allegra (Die lustige Witwe) di Franz Lehár, una delle operette più popolari e longeve, per l’occasione tradotta in italiano. Condurrà l’Orchestra il maestro austriaco Christoph Campestrini, che torna sul podio del Regio dopo aver diretto l’indimenticabile concerto del 270° anniversario della fondazione del Teatro nel 2010. Il Coro sarà diretto dal M° Claudio Fenoglio.
La creazione di Lehár è una festa musicale che da più di un secolo è capace di coinvolgere ogni tipo di pubblico: La vedova allegra, per la regia di Hugo de Ana, autore anche di scene e costumi, è uno spettacolo ironico e sontuoso. Gli sfarzosi abiti da sera, le acconciature piumate, le decorazioni in stile Liberty e le coreografie di Leda Lojodice evocano l’atmosfera decadente dell’Europa di inizio Novecento.
Il soprano bulgaro Svetla Vassileva veste i panni della ricca vedova Hanna Glawari. Il baritono Nicolò Ceriani è il barone Mirko Zeta. Daniela Mazzucato, brillante soprano di fama internazionale con una grande esperienza nel repertorio d’operetta, interpreta Valencienne, moglie fedifraga del barone. Alessandro Safina, artista a tutto tondo sia nel repertorio lirico che in quello leggero, interpreta il conte Danilo. La produzione vanta la partecipazione straordinaria di Antonello Costa, uno degli artisti più originali del panorama comico italiano, con una lunga carriera in campo televisivo e cinematografico, che indossa i panni dell’impiegato di cancelleria Njegus. Nel corso delle sette recite, si alternano nei ruoli principali, il 28 giugno e il 2 luglio: Daniela Schillaci (Hanna Glawari), Laura Giordano (Valencienne), Mario Cassi (il conte Danilo) e Francesco Marsiglia (Camille de Rossillon).
In quegli anni, a Vienna, l’operetta era il genere teatrale di punta; la concorrenza era spietata ed era molto difficile «sfondare»: in tale contesto debuttò La vedova allegra al Theater an der Wien nel 1905. All’epoca Lehár era un autore poco noto, sul quale la direzione del teatro non era disposta a scommettere. La prima rappresentazione non destò un grande interesse nel pubblico: la sala si riempì solo grazie ai biglietti omaggio ma, attraverso il passaparola, le serate successive furono un vero trionfo. Elemento decisivo per il successo è il libretto di Viktor Léon e Leo Stein, un testo dinamico che offre una varietà di situazioni, da quelle più romantiche a quelle più esilaranti.
L’azione ha inizio nell’ambasciata dell’immaginario principato di Pontevedro a Parigi, dove il barone Zeta, l’ambasciatore, e sua moglie Valencienne hanno organizzato un magnifico ricevimento. Tra gli ospiti c’è il seduttore Camille de Rossillon, che corteggia spudoratamente Valencienne sotto gli occhi del marito, troppo impegnato per accorgersene. Tutti attendono l’arrivo della ricca vedova Hanna Glawari, la cui fortuna costituisce la quasi totalità dei depositi bancari di Pontevedro. Per conservare in patria questo patrimonio, Zeta ha deciso di far risposare la vedova con un pontevedrino: il candidato scelto è il conte Danilo, uomo mondano e irresistibile. Danilo e Hanna erano stati amanti molti anni prima e nonostante Danilo ami ancora Hanna, l’orgoglio gli impedisce di dichiararsi: ora che lei è diventata così ricca potrebbe sembrare un fidanzamento d’interesse. Il giorno successivo Hanna dà una festa nel suo giardino: la prima parte è dedicata alle tradizioni pontevedrine, la seconda ai piaceri di Parigi. In mezzo alla confusione, Valencienne si nasconde con l’affascinante diplomatico Camille in un padiglione; casualmente il barone sbircia dalla porta e gli sembra di riconoscere la moglie fedifraga. All’ultimo momento Hanna riesce a sostituirsi a Valencienne salvando le apparenze e suscitando la gelosia di Danilo, fino ad allora dimostratosi freddo. Nella seconda parte della festa, il giardino assume l’aspetto del locale parigino Maxim’s. Hanna svela a Danilo la burla del padiglione e i due si dichiarano reciproco amore in un valzer. Intanto Zeta ha scoperto che effettivamente è stato tradito, ma perdona la moglie, e l’opera si conclude nel giubilo generale.