Teatro

La trilogia di Claudio Tolcachir regala gioia al Napoli Teatro Festival

La trilogia di Claudio Tolcachir regala gioia al Napoli Teatro Festival

Scrivere per il teatro senza compiacimenti letterari sembra sia diventata la più difficile delle imprese. Più volte ci troviamo a  lamentare l’ eccessivo  indugiare di drammaturghi contemporanei nello stilismo espressivo, nell’aspirazione poetica, trascurando la vera destinazione dei loro scritti: la scena. Shakespeare, Moliere, ed ancora prima i tragici greci, per fare gli esempi di autori di capolavori immortali, ancora oggetto di attenzione dai contemporanei registi, scrivevano perché erano innanzitutto uomini di teatro, consapevoli che che la loro opera dovesse, esclusivamente o soprattutto, incontrare la comprensione del pubblico, e non del lettore. Una grossa lezione di teatro e di drammaturgia ci arriva, quindi, dai tre autori protagonisti del focus dedicato alla contemporanea drammaturgia argentina , Daniel Veronese, Romina Paula e Claudio Tolcachir, ma, mentre i primi due ci incantano con adattamenti e riletture ispirati a grandi classici, di Cechov il primo e Tennessee Williams la giovane Paula, da Tolcachir ci arrivano tre piccoli capolavori di semplicità ed espressività teatrale, del tutto originali e quindi ancora più sorprendenti  a confronto del paludato orizzonte drammaturgico nostrano. “L’omision de la familia Coleman”, è l’opera prima del trentacinquenne drammaturgo argentino, una sorta di ritratto familiare che sarebbe piaciuto al nostro Eduardo De Filippo, per la forte vena ironica, per la graffiante critica all’istituzione famiglia, ed alla pessimistica visione umana, che risolve con ipocriti sentimentalismi  la tragedia della morte e della malattia: la figlia borghese e ricca, il fratello tonto , e quello che invece vende i piccoli “beni” della nonna prima che ella muoia davvero ,ricordano in qualche modo “Natale in casa Cupiello”, capolavoro del drammaturgo napoletano, naturalmente in una visione contemporanea  a cui fa da acceleratore un ritmo serrato, una semplicità scenica efficiente ed una interpretazione di un cast eccellente, di cui difficilmente in Italia riusciremmo a trovare pari, nella totalità degli interpreti. “El viento en el violin” racconta, sempre con la medesima cifra stilistica, ancora di rapporti  familiari, si parla di famiglie allargate negli affetti, di rapporti materni , con la messa  in discussione  dei legami di sangue e dell’istituzione familiare tradizionale.  Con “Tercer cuerpo” abbiamo, per sintesi espressiva, interpretazione, intreccio drammaturgico e creatività, un piccolo capolavoro di teatro. Due piani narrativi si incrociano tra un appartamento invisibile ed un ufficio fatiscente, una sorta di confine umano, dove le sorti dei cinque personaggi si scontrano ed incontrano  in un turbine di accadimenti minimali, raccontati, ancora una volta, con una spietata ironia.
De Filippo, Almodovar, Telenovela sudamericana, sit comedy americana: sono tanti i linguaggi che sono stati mescolati da Tolcachir per questi tre irresistibili spettacoli. Noi crediamo che soprattutto ci sia grande cultura teatrale, conoscenza del mezzo e la necessità di dialogare con il pubblico alla pari, senza supponenza pseudo culturale. Non abbiamo nessuna riserva a sostenere che il giovane artista agentino sia un nuovo grande talento drammaturgico mondiale, per cui è facile prevedere un futuro di straordinari successi. Ripetiamo che il suo teatro rappresenta, e non solo dal punto di vista drammaturgico, una grande lezione per molti sedicenti drammaturghi contemporanei, alla ricerca dell’incomprensibilità per autocelebrarsi, ma anche per tanti nostri attori che danno più importanza allo sterile monologare alla vera teatralità, per molti registi che scelgono di anteporsi alla drammaturgia per vanità e incapacità di trasmettere emozioni con la semplicità. Questi, nella gran parte dei casi, erano, naturalmente, anche  i grandi assenti, tra il numeroso pubblico presente alle rappresentazioni,  a questa lezione di teatro, di umiltà e di assoluto rispetto per il pubblico. A noi non resta che considerare che quello che al giro di boa appare il miglior cartellone di cinque anni di Napoli Teatro Festival, trova nei tre gioielli di Claudio Tolcachir qualcosa che è molto più di una rivelazione.