Dal 6 all'8 aprile (matinées 7 e 8 aprile alle ore 11) andrà in scena nella sala di via Baretti 4 una produzione dell'Associazione Teatro Baretti in collaborazione con il Teatro Regio: Le Roi s'amuse (Il re si diverte) di Victor Hugo, con la regia di Davide Livermore. Sul palcoscenico Sax Nicosia, Valentina Arru, Giancarlo Judica Cordiglia e Caroline Pagani.
Il re si diverte è una delle opere più censurate della storia del teatro: durissima critica al potere, fu osteggiato per anni perché bandiera del libero pensiero e della legalità. E' uno spettacolo necessario, oggi, perché è una profonda riflessione sulla libertà di ogni uomo.
Giuseppe Verdi si innamorò di questo testo e lo rese immortale nel Rigoletto.
Se Rigoletto è opera paradigmatica della produzione artistica di Verdi, in cui sono presenti temi a lui cari quali il Potere, Il Destino, l’Amore, ne Le Roi s’amuse di Victor Hugo emerge una qualità principale dell’opera d’arte in generale, una sospensione temporale che ne tramanda la modernità, a prescindere dallo scorrere del tempo.
L’emarginazione del diverso, l’arroganza del potere costituito sono temi con i quali ognuno di noi è costretto a confrontarsi quotidianamente. Al di là delle caratteristiche di commedia satirica, si tratta anche di un’opera ‘popolare’.
Il sipario si apre su un festino durante il quale il re amoreggia con varie donne. E’ un Don Giovanni fattosi re, è un monarca che non assolve ai propri doveri, che si sottrae alle proprie responsabilità: è il re onnipotente.
Le Roi s’amuse ci mostra un re senza coscienza, egoista, crudele L’autore descrive le dissolutezze di una corte e del suo buffone, deforme e malato: Triboulet
Egli è il popolo, ne rappresenta la miseria e l’impotenza. Il re, nelle mani di Triboulet, è un fantoccio onnipotente che distrugge tutte le esistenze. Ma il matto ha un punto debole: sua figlia. Pazzo di dolore per l’abuso subito dalla figlia, giura vendetta per finire poi vittima della sua stessa cecità. Se nell’originale Triboulet è deforme, qui è l’equivalente archetipico del matto dei nostri tempi, del buffone dei nostri giorni, del diverso, dell’androgino, è un travestito, una drag-queen televisiva. Il re è elegantissimo, algido, profondamente consapevole e compiaciuto di essere empio. Gli altri personaggi saranno spesso incarnati dal pubblico, coinvolto attraverso magie elettroniche ad entrare a corte, a partecipare alle sue atrocità e, in un gioco di terribile silenzio-assenso, a riflettere sul proprio senso di responsabilità individuale. La vicenda è ambientata in un non tempo e non luogo della nostra contemporaneità, cui fa eco un mondo di una crudeltà assoluta e, per chi è ai margini della corte, senza speranza. Il testo, a livello musicale, è stato ripensato per un pubblico di oggi.
Se lo scopo principale del teatro è, nelle parole di William Shakespeare, quello di “porgere uno specchio alla natura”, Le Roi s’amuse è sicuramente uno “specchio porto alla natura”, una lente di ingrandimento sulle umane fragilità, in cui vengono mostrati i vizi di un sistema malato. Intercettazioni telefoniche, intorpidimento televisivo, atmosfere da discoteca, vengono resi attraverso un sapiente gioco musicale che amplifica e spazializza emozioni e stati d’animo.