Teatro

Lina Sastri: la mia Jenny, donna d'amore

Lina Sastri: la mia Jenny, donna d'amore

Nobile e popolare come la sua città, Lina Sastri incarna in maniera iconica quella che è Napoli, ed è particolarmente emozionante incontrarla, per questa intervista, nel luogo che maggiormente rappresenta la doppia personalità della città, la galleria Umberto I, nobile costruzione dalle alte e ricche vetrate, dai sontuosi pavimenti intarsiati di marmo, ma popolare nella sua essenza vitale, non un freddo ed elegante salotto come quella che è il simbolo di Milano, ma un soggiorno di passaggio, un crocevia delle mille presenze che vivono la metropoli partenopea. Lina, minuta nella figura, diventa immensa con uno sguardo, accoglie con un sorriso un noto mendicante muto napoletano che ci ferma mentre procediamo veloci verso il tavolino del bar, apre il borsellino, e consegnandogli gli spiccioli gli chiede “Come stai?”, come farebbe ad un amico, un parente. È vestita di bianco, e mi sembra di ricordare di averla vista, anche in scena, sempre vestita di bianco, o nero o rosso: innocenza, dolore e passione, gli stati d’animo che esprime anche con i suoi occhi, in questa bellissima chiacchierata che solo il mio registratore fa ricordare che trattasi di intervista. La notizia di questi giorni è la sua partecipazione al cast italiano del prossimo film di Woody Allen, ma lei, una delle più poliedriche artiste della scena italiana, sembra non dare peso laddove qualsiasi attrice andrebbe a vantarsene con motivato orgoglio, è sotto il debutto di un altro importante impegno: sarà Jenny delle Spelonche, personaggio chiave de “L’Opera da tre soldi “ brechtiana, diretta da Luca De Fusco per il Napoli Teatro Festival Italia., ma anche lì tende a minimizzare: “La mia è una semplice partecipazione, - tiene a precisare - un cameo che sono molto contenta di avere in questo spettacolo così importante. Diciamo che è un lusso che mi concedo in una stagione così faticosa e densa di impegni, a cominciare dalla preparazione, ad agosto, de “La casa di Bernarda Alba” diretta da Llois Pasqual, (spettacolo che debutterà ad ottobre nella seconda parte de Festival, ed aprirà la stagione del Teatro Mercadante, ndr), poi ho un’altra casa, “La Casa di Ninetta”, spettacolo a cui tengo molto, e che lo Stabile di Napoli mi concede di portare in scena al San Ferdinando, il teatro del quartiere dove sono nata, in via degli Zingari, anche se la casa di Ninetta (la madre della Sastri a cui ella ha dedicato questo spettacolo, ndr) è la casa dei quartieri spagnoli dove mia madre ci ha lasciati, quindi ho la ripresa del mio spettacolo musicale “Per la strada” che sarà in scena a Roma al Teatro Eliseo. Per concludere, ho poi un altro impegno a cui tengo molto, a settembre al Teatro Argentina di Roma, lo spettacolo “Italiane” con la regia di Emanuela Giordano, che celebrerà i 150 anni dell’Unità d’Italia, con Maddalena Crippa e Tosca.”
Solo una partecipazione quindi, “Jenny è un personaggio che in tre ore di spettacolo appare solo in due scene coprendo al massimo cinque minuti” ma di sicuro una partecipazione straordinaria come straordinario è il temperamento di Lina Sastri, che ama la sua Jenny: “Un personaggio bello perché, secondo la mia personale visione, porta con se eros e thanatos, amore e morte. È l’unica che ama realmente, pienamente e profondamente, ed ama Makie, forse perché sono della stessa razza, perché entrambi appartengono ad un tipo di gente “diversa” che si è dovuta conquistare la vita, e per amore e gelosia lo tradisce per ben due volte.  Alla fine, nell’happy end generale, nella favola immaginaria, forzata intenzionalmente da Brecht, che ha voluto parlare del cinismo dell’umanità, della società che non permette il cuore all’uomo, è proprio Jenny ad essere l’unica a rimanere sconfitta, lei che è la diversa, facente parte di un altro mondo, che viene usata dal potere di Peachum, e da chiunque la avvicini, anche dallo stesso Makie, che forse l’ama, come egli stesso dichiara, e dalla quale non si aspettava di essere tradito. È difficile che io faccia delle partecipazioni, ma proprio per quello che significa questo personaggio, e per l’amico De Fusco, mi fa piacere questa volta esserci”

Jenny è una prostituta, così come Margherita Gautier, Filumena Marturano, la Figliastra dei “Sei Personaggi“ di Pirandello, grandi personaggi che lei ha interpretato. Perché secondo lei i grandi autori, quasi sempre uomini, si ispirano sempre alle prostitute per raccontare le contraddizioni ed i dolori femminili?
Perché la prostituta è una donna sola, vive la sua grande solitudine, ma una donna generosa, che, come mi diceva mia madre, e come racconto ne “La Casa di Ninetta”, quando io da bambina passando per una strada povera, nella zona della ferrovia, dove c’erano delle prostitute, le chiesi chi fossero quelle donne, lei mi disse “sono dame di carità, regalano l’ammore, ma pure llà ce vo’ a furtuna” (“regalano l’amore, ma anche in quel caso ci vuole fortuna” ndr.). Quindi, evidentemente, l’ autore maschio, è da sempre attirato dalla dicotomia della femminilità, dalla donna affidabile, da sposare che in qualche modo condivide con lui, in quanto compagna  della vita, gioie e dolori, ma a volte, o spesso, la tradisce, e la prostituta che è colei che con lui vive la sua verità, la verità del maschio, i suoi veri e reali bisogni, anche le sue cattiverie, forse anche il suo egoismo, e riesce ad accettare, ad essere un “come tu mi vuoi” pirandelliano e a dargli quello di cui lui ha bisogno. La figliastra dei “sei personaggi”, ad esempio, ha questo marchio, fin dall’infanzia ha vissuto la violenza, l’emarginazione, la differenza, ed ha portato avanti questa violenza come forza solitaria, malinconica. Come Bonaria, personaggio che ne “Gli esami non finiscono mai” di Eduardo io ho toccato, sostituendo un’altra attrice, anche lei una donna che ha subito violenze e che ad ogni schiaffo risponde “core mio” (“cuore mio” ndr). Ecco, è il cuore che, per quanto tragico, per quanto solitario, per quanto, forse, addolorato, porta dentro la prostituta, ed io spero che lo porti anche la mia Jenny.


La sua carriera è costellata di successi e di esperienze nei più svariati campi dell’arte scenica, teatro classico, teatro musicale, drammi moderni, quindi la canzone, da quella popolare ai cantautori, ed il cinema, dalla commedia al cinema d’autore, dal cinema indipendente a quello dei grandi Blockbuster internazionali, e tanti premi: tre David Di Donatello e quattro Nastri d’Argento per non contare la miriade di nominations. C’è ancora qualcosa che la incuriosisce?
Tutto. Tutto mi incuriosisce, tutto quello che riesce a muovere dentro di me la paura di non farcela, che mi accompagna sempre, il rischio, l’avventura, il mettermi alla prova per cercare di capire se si ha ancora la forza di farlo.


Quali sono stati i tre incontri fondamentali della sua carriera?
Ogni momento è fondamentale perché è vissuto in un momento diverso della vita. Ed in ogni momento della tua vita sei diverso tu, pur rimanendo la stessa persona, magari da giovanissimo sei più coraggioso, più forte, ma anche più superficiale. Sicuramente la prima tappa importante è stato il mio debutto a diciassette anni con “Masaniello”, regia di Armando Pugliese, con Mariano Rigillo ed Angela Pagano, dove io cantavo “Madonna del Carmine” di Roberto De Simone, che firmava le musiche: quindi un grande debutto. Poi l’incontro, sempre in teatro, con Peppino Patroni Griffi, un grandissimo maestro, e, naturalmente, con Eduardo. Ho avuto anche la fortuna di conoscere Peppino De Filippo, avendo cominciato quasi da bambina: quindi mi ritengo molto fortunata d’aver conosciuto entrambi i fratelli De Filippo. Queste le tappe teatrali, che fanno parte della prima parte della mia carriera. Poi c’è stato il cinema, gli inizi con Nanni Moretti, Gianfranco Mingozzi, un caro amico che ora non c’è più, Nanni Loy che con “Mi manda Picone” ha segnato il mio debutto come protagonista a cinema, poi Ricky Tognazzi, Peppuccio Tornatore e tanti altri.  Poi la musica, lì non ho incontri particolari: il primo fu con “Assaje” che mi scrisse Pino Daniele (per il film “Mi manda Picone” ndr) , quindi la musica classica napoletana che, dopo aver cantato per caso ho fatto mia, nei miei spettacoli, quelli che ho scritto, interpretato, diretto e prodotto; il primo, forse anche il più amato,  fu “Core mio”. In questa fase della mia vita, che forse è la più difficile, perché è quella in cui ti devi mettere alla prova in cose sconosciute, c’è stato “Baària” con Tornatore, con un doppio ruolo così lontano da me, per generazione. Adesso questa piccola partecipazione nel ruolo di Jenny, ma anche Bernarda Alba, ruolo che potrei ricoprire anche fra vent’anni, e che, con la regia di Pasqual, mi metterà ulteriormente alla prova.

Bernarda, contrariamente a Jenny, è una donna che si nega al sesso.
Totalmente. Ancora non so come sarà, ma di certo avrà un motivo per fare questa scelta, e dovrò cercarlo dentro di me, insieme al regista. Anche perché, ripeto, è un personaggio di una generazione alla quale io non appartengo, e quindi ha un distacco dalle cose che ancora io non ho. Così come prova è stata, in questa parte della mia vita, interpretare Filumena, un personaggio molto complesso, fatto di luci e di ombre, insieme al cuore ed all’istinto necessita di far camminare anche la razionalità. Quindi mentre la prima parte della mia carriera è stata tutta cuore e passione, grazie anche ai vari maestri che ho incontrato, in questa seconda parte c’è anche, inevitabilmente, anche l’altra strada, quella della testa. Nella musica, invece, questo non c’è: la musica è libertà, unisce le due cose insieme. Anche se, nel caso dell’ “Opera da tre soldi”, io non canto davvero: è una sorta di recitar-cantando, essendo in partitura originale, quindi reciterò cantando, non nella mia tonalità, perché è un altro modo di intendere la canzone.

Il suo momento preferito nell’Opera?
Quando interpreto la “Canzone di Re Salomone”, un momento di intima riflessione del mio personaggio

Questo è il suo primo Brecht?
Sì, il mio primo Brecht. È un autore piuttosto difficile, un autore sempre sul filo, col suo epico dire alla gente, ed i suoi personaggi apparentemente non hanno una vera psicologia. Io, da parte mia,  cerco, in quel piccolissimo spazio che ha Jenny, di trovare una mia strada perché non sia solo un’ immagine, ma anche una persona.